Mi compiaccio come finalmente il dibattito sulla gestione dei rifiuti in questa provincia si stia rianimando, salvo dover annotare che fra inesattezze, speculazioni politiche, libri dei sogni ed assoluta ignoranza della materia, se ne vedono di tutti i colori. Apprezzo l’intervento di cittadinanza attiva e del suo responsabile Ing. Francesco Stranera, per la lucida, condivisibile e reale disamina. Se non ricordo male nel dicembre 2002, governo della Regione Siciliana di centro destra, Presidente Cuffaro, con una corsa alle ore 24 del 31 dicembre, anche a mezzo di commissaria ad acta, fu costituito l’ATO (ambito territoriale ottimale) per la gestione integrata del ciclo rifiuti in tutte le Provincie Siciliana, Enna inclusa.
Dibattiti politici, solite manfrine per la copertura degli appetibili posti in consiglio di amministrazione della società costituenda, sindaci parecchio disinformati ma, nonostante tutto, la società d’ambito Enna Euno vide la luce.
Da quel momento prende inizio la illegittimità sollevata con successo da Assoutenti e dai suoi rappresentanti, poiché si sarebbe dovuto procedere alla deliberazione della tariffa, nelle sedi deputate dalla legge, ma questo non si è fatto e, giustamente, la giustizia amministrativa e tributaria hanno fatto il loro corso, annullando tariffe ed iscrizioni a ruolo delle bollette.
Ma il sistema nella sua interezza è legale e pienamente operativo, quindi inadempienti sono rimasti sindaci e consigli comunali, non già la società d’ambito e, successivamente, Siciliambiente, società affidataria a mezzo di in house providing, essendo interamente composta da capitale pubblico, vera vittima, insieme alle maestranze e personale amministrativo, che hanno svolto il loro servizio e non sono stati remunerati.
Per la verità, il CGA ha anche annullato l’affidamento diretto a Siciliambiente, atteso che la stessa non sarebbe interamente pubblica, ma in essa partecipa l’Unione delle provincie Siciliane per uno …….0,5 %!
A questo punto subentrano le responsabilità politiche di tutti gli attori (sindaci e presidente della provincia)i quali:
a) Debbono finirla di indicare nel ritorno alla gestione comunale la panacea di tutti i mali, posto che si tratta di decisioni che non rientrano nelle nostre competenze locali e che, comunque, non sono dietro l’angolo e, comunque, non vi è certezza di un reale risparmio perché il sistema, se correttamente impostato, potrebbe essere efficiente e condurre ad un risparmio per i cittadini, posto che la filosofia dell’ATO, almeno come disegnato dalla legge Ronchi, ministro verde e di sinistra, si potrebbe avvalere delle economie di scala;
b) Devono porre in essere tutte le procedure amministrative di deliberazione delle tariffe con urgenza, al fine di recuperare i debiti della società d’ambito e della concessionaria e pagare i lavoratori.
Alle associazioni di consumatori è concessa un po’ di demagogia, a fin di bene e per la tutela degli interessi degli utenti, ma non è certamente opportuno che si sostituiscano al legislatore, né alle pubbliche amministrazioni, bensì indichino una via percorribile, a legislazione vigente, senza fantasticherie o libri dei sogni.
Agli amministratori pubblici, invece, non è consentito sottrarsi alle proprie responsabilità, cavalcare l’onda, oggi una e domani un’altra, a seconda delle convenienze personali del momento e degli interessi per le proprie carriere politiche.
Annotiamo, infatti, che chi ieri ha protestato oggi, senza colpo ferire e senza consenso personale richiedere, si ritrova assessore con delega specifica alle partecipate, che dovevano essere sciolte e non lo sono state, che dovevano essere ottimizzate ed invece sono servite da riempimento del sottogoverno vario, con operazioni fatte anche male ed in qualche caso illegittimamente.
Una ultima cosa: scrivo quale ex componente del consiglio di Siciliambiente, di cui mi onoro di aver fatto parte insieme a galantuomini come il Prof. Rosario Agozzino ed Nino di Leonforte, che hanno retto la società al meglio possibile, con grandi difficoltà e senza poter mai programmare una crescita della società che poteva anche espandersi e costituire un modello da esportare.
Ci siamo dimessi all’unanimità per dare un segnale, perché siamo ed eravamo uomini disinteressati alle poltrone ed impegnati in politica e nella società per perseguire la buona amministrazione e gli interessi della collettività.
Guarda caso oggi la politica e le istituzioni, quelle stesse che ieri ci indicavano come responsabili del dramma rifiuti ad Enna, oggi non riescono a trovare una soluzione vera e non trovano di meglio ce fare proclami demagogici e continuare a non assumersi le responsabilità per cui sono chiamati, Presidente della Provincia in testa.
A proposito, Presidente, lei sarà sicuramente abbonato a Guida agli Enti Locali del sole 24 ore; legga il numero del 27 giugno, pagina 80, dove troverà la situazione legislativa attuale ed i rimedi per il problema rifiuti, ma ritengo che i suoi solerti e capaci collaboratori di giunta sanno certamente di cosa stiamo parlando.
Se le dovesse essere sfuggito, lo alleghiamo alla presente.
Il Sole 24 Ore – Guida agli Enti Locali
27 giugno 2009, N. 26
Pagina 80
Perticarari Renato
Servizi locali, la riforma passa dal regolamento
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L’articolo 23-bis, comma 10, del Dl 112/2008 (convertito con la legge 133/2008) demandava al Governo l’emanazione di «uno o più regolamenti» al fine di rendere compiutamente applicabile la nuova (ma sarà l’ultima?) normativa in materia di servizi pubblici locali. Probabilmente non è la prima volta che un regolamento introduce rilevanti novità alla «disciplina madre», tuttavia quel che va accadendo con lo schema di Dpr recante il regolamento suddetto non è di poco conto. Le novità sembrano generalmente condivisibili, in quanto ispirate tendenzialmente a tutelare il rispetto dei principi della concorrenza. Stante la natura di atto normativo ancora in itinere, piuttosto che procedere a un commento sistematico appare opportuno soffermare l’attenzione su alcuni aspetti qualificanti del provvedimento, che è da auspicare restino anche nella versione definitiva.
Articolo 2. Modalità di affidamento – Qui si ha la prima novità rispetto al contenuto dell’articolo 23-bis del Dl 112/2008. Infatti, quest’ultimo (comma 2) prevedeva che l’affidamento potesse avvenire «a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive a evidenza pubblica», ma (comma 3) prevedeva anche che «In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria», cioè anche mediante l’in house providing.
Il regolamento innova introducendo (articolo 2, lettera a) la possibilità di affidamento anche a «società a partecipazione mista pubblica e privata a condizione che la selezione del socio avvenga mediante le stesse procedure, nel rispetto dei principi di cui al medesimo articolo 23-bis, comma 2, che abbiano a oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio».
Non è una novità da poco. Il regolamento, in realtà, recepisce i più recenti orientamenti del Consiglio di Stato in tema di gara unica per la scelta del socio-operatore e recupera ciò che era già previsto dal comma 5, lettera b) dell’articolo 113 del Tuel, ma che era scomparso nell’articolo 23-bis.
Con il documento
di attuazione
prende definitivamente
corpo
la nuova normativa
in materia.
Modalità gestionali
e affidamenti,
deroghe e bandi
di gara,
liberalizzazioni
e indennizzi
ecco cosa cambia
Il regolamento, poi, rende più esplicita la previsione contenuta nel comma 3 dell’articolo 23-bis, specificando (articolo 2, lettera b) che l’affidamento può avvenire «in deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui alla lettera a), a società a capitale pubblico secondo quanto disposto dall’articolo 23-bis, commi 3 e 4, e comunque nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell’attività svolta dalla stessa con l’ente o gli enti pubblici che la controllano». In questo caso salta agli occhi il fatto che nel riferimento alle società a capitale pubblico non si specifica che la partecipazione pubblica debba essere totalitaria. È una svista o è il segno di un’apertura possibilista a partecipazioni minoritarie del privato, come del resto anche la Corte di giustizia sembra recentemente condividere?
Ma quel che più merita di essere segnalato è il contenuto del comma 2, dell’articolo 2 del regolamento. Si tratta di una previsione che dà la misura del sempre maggior sfavore con cui, opportunamente, si guarda al ricorso all’in house. Ebbene, anche in questo caso il regolamento innova rispetto all’articolo 23-bis.
Quest’ultimo subordinava la possibilità di deroga all’uso generalizzato delle gare alla sussistenza «di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento», che non permettessero «un efficace e utile ricorso al mercato» e rimetteva all’Autorità il compito di emettere un parere preventivo al riguardo. Il regolamento, invece, molto più linearmente, stabilisce che «L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in forza dell’autonomia organizzativa e funzionale attribuita dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, individua, con propria delibera, le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali di cui all’articolo 23-bis, comma 3, assumono rilevanza ai fini della tutela della concorrenza».
Il riferimento alle «soglie», la cui misura è messa in relazione alla rilevanza ai fini della tutela della concorrenza, ha due pregi: a) elimina ogni possibilità di motivazioni fantasiose circa la presunta sussistenza delle «peculiari caratteristiche&» che di volta in volta motiva la richiesta di ricorso all’in house; b) fa intendere che tali soglie saranno inevitabilmente molto basse, tali da rendere possibile l’in house solo in situazioni del tutto marginali per il mercato.
Che sarà così, del resto, è confermato dall’orientamento opportunamente molto rigoroso che sembra emergere da tutti i pareri emessi dall’Autorità garante ai sensi del comma 4 dell’articolo 23-bis.
Le decisioni del garante
Ecco alcuni dei pareri del Garante.
1) Parere 19/3/2009 n. AS518 relativo all’affidamento, ai sensi dell’art. 23-bis, c. 3, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in l. n. 133/08, della gestione dei servizi di trasporto pubblico locale nell’ambito della Prov. Aut. di Trento: NEGATIVO;
2) Parere 26/3/2009 n. AS520 relativo all’affidamento, ai sensi dell’art. 23-bis, c. 3, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in l. 6 agosto 2008, n. 133, della gestione della farmacia comunale di Vignola (MO) e del mercato agroalimentare: NEGATIVO;
3) Parere 5/3/2009 n. AS521 relativo all’affidamento, ai sensi dell’art. 23-bis, c. 3, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in l. 6 agosto 2008, n. 133, del servizio di gestione e manutenzione di una rete wireless per la fornitura di connettività a banda larga: NEGATIVO;
4) parere 06/03/09 n. AS515 relativo all’affidamento, ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, della gestione dei servizi cimiteriali alla società ASPES S.p.A. da parte del Comune di Montelabbate: NEGATIVO;
5) parere 05/02/09 n. AS504 relativo all’affidamento, ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, della gestione dei servizi cimiteriali da parte del Comune di Zola Pedrosa: NEGATIVO;
6) parere 06/03/09 n. AS514 relativo alla proroga dell’affidamento della gestione dei servizi cimiteriali alla società Azienda Pluriservizi Macerata S.p.A. per il periodo 1° gennaio 2014 – 31 dicembre 2023: NEGATIVO.
Articolo 3. Norme applicabili in via generale per l’affidamento – In questo articolo sembrano di particolare rilievo le previsioni di cui al comma 2, lettere a), c), e) e g). Anche in questo caso di tratta di previsioni che, tutte riferite alle necessarie caratteristiche dei bandi per gli affidamenti, mostrano un alto livello di attenzione alla libera determinazione del mercato. La lettera a) tende a rafforzare il principio della separazione della gestione dalla proprietà delle reti e/o impianti, affermando che la disponibilità di tali reti o impianti non deve avere valenza preferenziale nella valutazione delle offerte. La lettera c) disciplina il caso di gare tese alla ricerca di un socio-operatore che sia chiamato a svolgere il servizio. In tali ipotesi, la norma assicura che i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e tariffa del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie.
Ma è la previsione di cui alla lettera e) che appare più rilevante. La stessa, infatti, prevede che il bando di gara possa «escludere la partecipazione di raggruppamenti temporanei di imprese comunque denominati e di consorzi, se i soggetti che ne fanno parte possiedono singolarmente i requisiti economici e tecnici richiesti per l’ammissione, qualora tale partecipazione, in base a un’analisi del mercato, sia idonea a produrre effetti distorsivi della libera concorrenza». In questo caso, quindi, la tutela della concorrenza si spinge sino a impedire la formazione di raggruppamenti temporanei o Consorzi, riconducendo tali forme aggregative agli scopi per i quali, in verità, erano stati pensati: consentire, mediante l’unione delle «forze», la partecipazione alle gare da parte di soggetti più deboli, favorendo così la crescita degli operatori e il loro accrescimento curriculare. Escludendo, invece, che tali aggregazioni possano essere da «tappo» alla concorrenza.
Infine, con la lettera g) si generalizza un principio già in uso in alcuni settori (distribuzione del gas) e che risulta molto utile: il bando deve indicare «i criteri e le modalità per la determinazione dell’eventuale indennizzo spettante al gestore al momento della scadenza o della cessazione anticipata della gestione». È ovvio che tale principio ha una sua rilevante importanza in un mercato dove tendenzialmente sia possibile il cambio del gestore, con l’indizione di una nuova gara, alla scadenza dell’affidamento. Ben poca rilevanza avrebbe, invece, in un mercato dominato dagli affidamenti in house. Ma non è questa la direzione che il regolamento intraprende con particolare decisione. Ulteriore prova ne è la seguente norma in esame.
Cosa cambia/1
Articolo 4. Patto di stabilità interno – Il comma 1 della norma recita: «Gli affidatari diretti di servizi pubblici locali, assoggettati al patto di stabilità interno, sono i seguenti:
a) i soggetti affidatari ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 3;
b) le società a capitale interamente pubblico, partecipate dall’Ente locale, in possesso dei requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario per la gestione in house e affidatarie ai sensi della disciplina previgente all’articolo 23-bis».
Tale norma, ben più di tante pronunce della Corte di giustizia, finirà per porre termine a un uso a volte indiscriminato e scriteriato dell’in house providing. Viene meno, infatti, uno dei motivi principali – a volte l’unico – che determinava gli Enti locali alla costituzione di società per l’affidamento in house dei servizi pubblici locali.
Sulla stessa linea si pongono le previsioni dell’ultimo articolo qui in esame.
Articolo 11. Misure in tema di liberalizzazione – La norma fissa alcuni principi molto importanti che è da augurarsi non restino mere enunciazioni. Il comma 1, innanzitutto, afferma che «Gli Enti locali verificano la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, circoscrivendo l’attribuzione di diritti di esclusiva, ove non diversamente previsto dalla legge, ai soli casi in cui la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità». La limitazione dei diritti di esclusiva è elemento imprescindibile se si vuole realmente evitare la creazione di realtà monopolistiche chiuse che, quasi sempre, hanno come unico risultato lo scadimento dei servizi. Ma particolarmente importante, anche per i riflessi pratici che può avere, è l’affermazione netta della regola della cd. «autoproduzione». A questo, infatti, porta l’esplicito richiamo all’applicazione dell’articolo 9 della legge 10/10/1990 n. 287 nei casi in cui vi sia stata attribuzione di diritti di esclusiva ad una impresa incaricata della gestione di servizi pubblici locali. Il citato articolo 9, infatti, dispone che:
1. La riserva per legge allo Stato ovvero a un ente pubblico del monopolio su un mercato, nonché la riserva per legge a un’impresa incaricata della gestione di attività di prestazione al pubblico di beni o di servizi contro corrispettivo, non comporta per i terzi il divieto di produzione di tali beni o servizi per uso proprio, della società controllante e delle società controllate.
Cosa cambia/2
2. L’autoproduzione non è consentita nei casi in cui in base alle disposizioni che prevedono la riserva risulti che la stessa è stabilita per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale, nonché, salvo concessione, per quanto concerne il settore delle telecomunicazioni.
Ebbene, si pensi al caso della gestione integrata del ciclo dei rifiuti generalmente attribuita dalle Autorità d’ambito con diritto di esclusiva su aree vaste; sembra, in base alla norma, che nulla possa impedire a gruppi societari presenti su quelle aree di auto-organizzarsi senza alcun vincolo nei riguardi del gestore. Non meno rilevante, infine, è la previsione di cui al comma 4 dello stesso articolo. Essa prevede che i gestori di servizi pubblici con diritto di esclusiva, qualora intendono svolgere le loro attività in mercati diversi da quello «elettivo», debbono farlo mediante società separate e debbono rendere accessibili anche alle imprese eventualmente concorrenti i beni o i servizi, anche informativi, di cui abbiano la disponibilità esclusiva in dipendenza delle attività svolte.
Da ultimo, è appena il caso di segnalare che il regolamento espressamente prevede l’abrogazione, tra le altre norme, dell’articolo 150, comma 1, del Dlgs 152/2006, e successive modificazioni, a eccezione della parte in cui individua la competenza dell’Autorità d’ambito per l’affidamento e l’aggiudicazione del servizio idrico, nonché dell’articolo 202, comma 1, del Dlgs 152/2006, e successive modificazioni, a eccezione della parte in cui individua la competenza dell’Autorità d’ambito per l’affidamento e l’aggiudicazione del ciclo integrato dei rifiuti.
Sarà una rivoluzione? È difficile da dire, tuttavia ci sono i presupposti per uno scossone violento a un mondo che, partito con la parola d’ordine della privatizzazione, si è troppo spesso risolto in un processo inverso: la pubblicizzazione di attività normalmente ed efficacemente private. Ciò ha portato alla proliferazione di iniziative slegate da ogni valutazione di reale necessità e sostenibilità economica, creando diseconomie di scala rilevanti e abbassando spesso il livello delle prestazioni.
È auspicabile si avviino percorsi virtuosi di aggregazione che possano anche sfociare nella creazione di realtà imprenditoriali strutturate e, perché no?, che possano anche guardare alla quotazione in mercati regolamentati, quali l’Aim Italia, con ciò superando (comma 9 dell’articolo 23-bis) il divieto di svolgere servizi ulteriori rispetto a quelli originariamente affidati ovvero in ambiti territoriali diversi, o di svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, ma anche non soggiacendo (comma 4 dell’articolo 9 del regolamento) al vincolo temporale di scadenza degli affidamenti al 31 dicembre 2010.l