Per la prima volta nella sua storia la chiesa di Sant’Ippolito apre le sue porte al progetto “Teatri di Pietra”. Costruita nel XVII secolo rimase priva di copertura e quindi mai utilizzata. Quest’anno si prevedono sei spettacoli teatrali nella splendida cornice delle mura del XVII sec. e sotto il cielo di stelle dell’estate siciliana. Diretto da Aurelio Gatti il progetto dei “Teatri di Pietra”, ha l’intento di realizzare una rete culturale nel Mezzogiorno fondata sul grande patrimonio dei teatri antichi, una “rete” in cui si sperimentano e si attuano modalità per una efficace concertazione e sinergia in tema di cultura attraverso lo spettacolo, come momento
unificante della comunità e patrimonio d’identità dei territori del Mezzogiorno. I teatri antichi e i grandi siti archeologici sono la testimonianza perenne di una esperienza umana straordinaria e, oltre ogni considerazione artistica, architettonica e paesaggistica, sono il luogo dell’uomo e in cui l’uomo rinnova la sua storia.
La rete dei “Teatri di Pietra”, che come è noto coinvolge le aree archeologiche e monumentali di molte regioni d’Italia riportando il teatro classico e la cultura delle identità nei siti archeologici esclusi dai grandi flussi turistici, quest’anno circuiterà in Sicilia per un mese, fino a metà agosto, nei siti archeologici di Castelvetrano Selinunte (al Tempio di Hera), Aidone (Teatro Antico di Morgantina), Cattolica Eraclea (teatro antico di Eraclea Minoa), Calascibetta (necropoli di Realmese), Caltanissetta (Parco archeologico di Palmintelli) Siracusa (Castello Maniace), Noto (ex Convento dei Gesuiti) e, novità di questa quarta edizione, Modica (cava di pietra Franco), Castelbuono (Castello di Ventimiglia) e per la prima volta anche a Piazza Armerina (Chiesa di Sant’Ippolito).
Si comincia sabato 18 luglio con la prima regionale di “Hercules Furens” da Seneca, ispirata all’Eracle di Euripide e paradigma del pensiero di Seneca, che vedrà protagonista l’eclettico Vincenzo Pirrotta con Raffaele Gangale, Luna Marongiu, Carlo Vitale, Cristina Putignano e Chiara Pizzolo; si prosegue il 22 luglio con “Sorelle di sangue”, tratto da “Crisotmi” di Ghiannis Ritsos e “Elektra” di Hofmannsthal con Elisabetta Pozzi. Il 26 luglio il cartellone prevede “Turandot, ovvero storia strana e misteriosa di una principessa” di Carlo Gozzi con la regia di Manuel Giliberti. Il primo agosto va in scena “Arsura d’Amuri”, uno spettacolo di musica, canti e poesia di e con Carlo Muratori, mentre il 5 è la volta dello spettacolo di danza “Instrument 1/3” di Roberto Zappalà, sulle musiche originali dei Lautari e Alfio Antico. La rassegna si conclude il 9 agosto con “Omaggio alla Sicilia”, il concerto-spettacolo di e con Miriam Palma.
La programmazione di “Teatri di Pietra Sicilia” rappresenta una grande opportunità non solo sotto il profilo dell’offerta culturale, ma anche per le connessioni e le ricadute che determina nell’economia e nello sviluppo socio-culturale del territorio. Attraverso la messa in rete del patrimonio e delle attività si può costituire un “paesaggio culturale organico” e produrre un’autentica e consapevole crescita delle comunità residenti.
PROGRAMMA
sabato 18 luglio
Comp. LA BOTTEGA DEL PANE/ Teatri di Pietra
HERCULES FURENS
da Seneca
drammaturgia A.Gatti-C.Maccagnano-V. Pirrotta
regia Cinzia Maccagnano
coreografia Aurelio Gatti
musiche originali Fabio Lorenzi
con Vincenzo Pirrotta
con Oriana Cardaci, Raffaele Gangale, Nancy Lombardo, Cinzia Maccagnano,
Luna Marongiu, Chiara Pizzolo Cristina Putignano, Carlo Vitale
mercoledì 22 luglio
Comp. MDA PRODUZIONI
SORELLE DI SANGUE
da Ritsos, opera per teatro e danza
musiche originali Daniele D’Angelo
coreografie Aurelio Gatti
costumi Livia Fulvio
di e con Elisabetta Pozzi
danzano Paola Bellisari, Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Rosa Merlino
domenica 26 luglio
Samit srl
TURANDOT
ovvero
Storia strana e misteriosa di una principessa
Liberamente tratta da Turandot di Carlo Gozzi
Drammaturgia di Manuel Giliberti
Regia di Manuel Giliberti
Scene Stefania Garro
Costumi Eugenio Vazzano
Musiche originali Antonio Di Pofi
Direzione di scena Giovanni Ragusa
sabato 1 agosto
Folkstudio
ARSURA D’AMURI
I poeti siciliani, i versi, i canti, antiche e nuove storie
di Carlo MURATORI, canto, chitarre e voce recitante
con M.Teresa ARTURIA, fisarmonica e Francesco BAZZANO, percussioni
mercoledì 5 agosto
compagnia ZAPPALÀ DANZA
INSTRUMENT 1 -/- 3
coreografie e regia Roberto Zappalà
testi di Nello Calabrò
musica originale I Lautari / Alfio Antico
interpreti Adriano Coletta, Alain El Sakhawi, Fernando Roldan Ferrer, Salvatore Romania, Antoine Roux-Briffaud, Alessandro Vacca
domenica 9 agosto
OMAGGIO ALLA SICILIA
concerto spettacolo
di Miriam Palma
che coniuga la ricerca vocale alla tradizione orale della Sicilia
Miriam Palma, Nino Giannotta, Michele Ciringione, Gabriele Giambertone, Said-Oud
INFORMAZIONI
Inizio Spettacoli: ore 21.15
Apertura botteghini: ore 19.00
Numero verde: 800.024060
Sito internet: www.teatridipietra.org
Biglietti: Intero € 12,00; ridotto € 10,00
18 luglio: HERCULES FURENS
Comp. LA BOTTEGA DEL PANE/ Teatri di Pietra
HERCULES FURENS
da Seneca
drammaturgia: A.Gatti-C.Maccagnano-V. Pirrotta
regia: Cinzia Maccagnano
coreografia: Aurelio Gatti
musiche originali: Fabio Lorenzi
con Vincenzo Pirrotta
con Oriana Cardaci, Raffaele Gangale, Nancy Lombardo, Cinzia Maccagnano, Luna Marongiu, Chiara Pizzolo Cristina Putignano, Carlo Vitale
Ispirata all’Eracle di Euripide, l’Hercules Furens è paradigma del pensiero di Seneca. Il filoso, infatti, espresse anche con la poesia le proprie convinzioni etiche, ma, a differenza delle opere in prosa, in cui la riflessione partiva dal punto di vista del saggio stoico, che osservava la realtà dal mondo beato del sapiente, nelle tragedie l’analisi parte dal mondo dei dannati e dall’orrore ineffabile in cui si trovano.
Secondo il mito ripreso dall’originale euripideo, Ercole, l’eroe per eccellenza, è in preda ad una follia distruttiva per volere di Giunone, e, inconsapevole, uccide la moglie Megara e i figli. Una volta riacquistata la lucidità, l’eroe è pronto a darsi la morte, ma trova sostegno nel re di Atene Teseo. Recatosi a Delfi per purificarsi dall’orrendo delitto, Eracle riceve dalla Pizia l’ordine di porsi al servizio del re di Micene Euristeo che gli impose le “dodici fatiche”, le imprese più note legate al nome dell’eroe.
La differenza sostanziale tra la versione di Seneca e il modello greco risiede nella più ampia concezione della realtà e dell’individuo: l’ostilità degli dei, che irrompono nella vita degli uomini rendendoli impotenti davanti ad una forza che si sottrae a qualunque criterio di ragionevolezza, non è più sufficiente a giustificare la perdita della ragione dell’eroe. La riflessione del filosofo latino supera il concetto arcaico dell’ira divina per andare a ricercare nella complessa personalità di Ercole l’origine della follia.
In Euripide, infatti, l’improvvisa follia che porta l’eroe al massacro della propria famiglia resta immotivata, semplice attuazione di un crudele disegno divino; in Seneca, invece, la pazzia è rappresentata come delirio di potenza, volontà di dominio supremo: una tensione che diventa estremizzazione patologica della virtù dell’eroe. Un’interpretazione che sottende il monito all’equilibrio della ragione perché l’ambizione a superare ogni limite si trasforma, da prodezza, in pericoloso eccesso.
22 luglio: SORELLE DI SANGUE
Comp. MDA PRODUZIONI
SORELLE DI SANGUE
da Ritsos, opera per teatro e danza
musiche originali: Daniele D’Angelo
coreografie: Aurelio Gatti
costumi: Livia Fulvio
di e con Elisabetta Pozzi
danzano Paola Bellisari, Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Rosa Merlino
Di Crisotemi‚ ovvero la sorella minore di Elettra‚ non rimangono che poche testimonianze‚ cenni che gli autori classici hanno voluto riportare quasi più per dovere di cronaca che per utilità drammaturgica. Da Ritsos si è presa la figura di Crisotemi per parlarci di noi‚ dell’umanità silenziosa‚ di quella parte degli uomini che lascia scorrere gli eventi attorno senza intervenire‚ senza partecipare alla storia che comunque scrive se stessa senza dimenticare‚ né giudicare. Da l’ELEKTRA di Hugo von Hofmannsthal deriva la visione di un mondo dove il dionisiaco sconfigge la ragione e la meditazione apollinea: il richiamo del sangue versato costituisce l’onda attiva che muove passioni e sacrifici.
A Sorella di Sangue ci si è arrivati “lentamente” e comunque mossi da riflessioni – sarebbe meglio chiamarle “urgenze” – differenti: da una parte il tema della corresponsabilità‚ innanzitutto storica prima che etica‚ che sembra estraneo a questa epoca per cui ogni fatto viene addomesticato da una scellerata incoscienza: che sia guerra‚ fame‚ conflitti piuttosto che scoperta di un vaccino, ritrovamento‚ dibattito – tutto sembra partecipato in superficie‚ ridotto ad una presa d’atto e a un ossequio dell’informazione. Nessuna consapevolezza dell’accadimento‚ nessuna responsabilità dell’accaduto. D’altra parte c’è la questione di quali “risposte possibili” in un momento in cui tutto e il contrario di tutto hanno legittimità: la parola/significato è soppiantata dal messaggio‚ l’azione trasformata in atto‚ la plausibilità del contrario mortifica ogni decisione o impegno. Situazione che nulla a che vedere con la romantica visione dell’anarchia o l’invocazione nichelista del caos rigeneratore. Sembra di assistere ad una epidemia di spersonalizzazione globale per cui il contingente soverchia ogni pensiero‚ il contestuale prevale e tanto l’uomo quanto la sua arte‚ cultura o teatro vengono misurati in relazione ad una funzionalità socializzante‚ produttiva,aggregativa‚ educativa.
Non è un caso che prevale un senso di smarrimento‚ di inconsistenza‚ di svuotamento e in cui l’uomo contemporaneo sembra non riuscire a districarsi. Il passato è ignorato‚ il futuro un’incognita e il presente sottratto giorno dopo giorno‚ secondo dopo secondo come se attendessimo una vita “vera “ da venire e provenissimo da un”passato” che non merita di essere ricordato.
Da qui l’urgenza. Il ricorso al mito e alla poesia è d’obbligo come la necessità di indagare un linguaggio capace di trasmettere ed esprimere adesione al contemporaneo ‚ ri-trovare uno spazio per uomini partecipi del presente‚ scegliere un territorio a cui aderire‚ un tempo in cui vivere. La commistione di teatro‚ danza e musica è apparsa la migliore per restituire significato alla vicenda di Crisotemi.
La scelta di Crisotemi non è solo la naturale conseguenza di una assidua frequentazione di Elisabetta Pozzi con il poeta Ritsos ( per la Fedra e Il Funambolo e la Luna ) quanto l’aver inteso – in un personaggio “altro”‚ distante dalle eroine del mito – una protagonista contemporanea sia per l’incapacità di agire il presente o‚ anche‚ per la scelta di silenziarlo. Crisotemi colei che assiste al sacrificio della sorella Ifigenia‚ che non è partecipe all’omicidio di Agamennone da parte di Clitennestra‚ che non si ribella né progetta alcuna vendetta contro la madre per i suoi illeciti rapporti con Egisto e per aver ucciso suo padre‚ dopo l’epilogo di Elettra e la partenza di Oreste‚ è la donna che rimane sospesa come umanità inespressa. Lei‚ rapidamente citata nell’Iliade‚ personaggio di relazione nell’Elettra di Sofocle e di Euripide ‚ alter ego di una Elettra invasata e dionisiaca in Hofmannsthal‚ è ritrovata da Ritsos che la ritrae come specchio lirico di una esistenza in cui prevale il senso di testimone muto immerso in un susseguirsi di fatti drammatici che sembrano non trovare soluzione se non nel silenzio.
“ Forse l’unica scelta di libertà è il silenzio…” e Crisotemi sembra aderire al pensiero del poeta.
26 luglio: TURANDOT
TURANDOT ovvero Storia strana e misteriosa di una principessa
Liberamente tratta da Turandot di Carlo Gozzi
Drammaturgia di Manuel Giliberti
Regia: Manuel Giliberti
con Vincenzo Crivello, Deborah Lentini, Annalisa Insardà, Giuliana Di Stefano
Scene: Stefania Garro
Costumi: Eugenio Vazzano
Musiche originali: Antonio Di Pofi
Direzione di scena: Giovanni Ragusa
La storia della bella principessa di China così crudele da essere, ”cagion di barbarie e lutti e lacrime” e del suo rifiuto di piegarsi ai desideri del padre,l’imperatore Altoum,che la vuole maritare a tutti i costi è la ossatura del racconto di questa fiaba che in realtà fiaba non è poi tanto.
Obbligata al matrimonio dall’aver perduto la sfida dei tre enigmi, svelati dal decaduto principe tartaro Calaf, dopo che molti altri pretendenti avevano pagato con la vita l’esito infausto del loro tentativo,Turandot in un complicato gioco di tradimenti e amore sarà infine come folgorata dalla rivelazione dell’amore al punto tale di trasformare la propria natura e divenire provvida e generosa.
Gozzi incentra tutta la parabola sulla forza dell’amore ma nello stesso tempo contemporaneamente non manca di evidenziare l’uso del potere come strumento di esercizio della crudeltà fine a se stessa. Intorno vibra e si colora di pennellate quell’Oriente che Marco Polo ha così ben raccontato nel Milione divenendo lo sfondo di un racconto che si universalizza,uscendo dai confini della narrazione di genere.
La rilettura drammaturgica che ne abbiamo fatto evidenzia infatti alcuni,altri non meno importanti temi,sottesi nel racconto. L’alterità nel senso di essere altro, straniero in terra straniera: è il caso di Calaf, principe senza regno e senza terra e di Adelma anch’essa esule o meglio schiava in terra straniera.
I temi dell’amore, dell’amicizia e dell’affetto filiale si mescolano così a quelli della vendetta e della crudeltà, anzi divengono gli uni motore degli altri ma il finale ricompone, come è giusto avvenga in una bella favola, l’armonia e la pace.
Ma lo spettatore e noi stessi siamo portati a chiederci: per quanto e per quanto ancora?
1 agosto: ARSURA D’AMURI
ARSURA D’AMURI
I poeti siciliani, i versi, i canti, antiche e nuove storie
di Carlo MURATORI, canto, chitarre e voce recitante, con M.Teresa ARTURIA (fisarmonica) e Francesco BAZZANO (percussioni)
Attraverso la sensibilità recitativa e la sanguigna interpretazione musicale di Carlo Muratori, rivive la parola dei grandi poeti e cantori siciliani degli ultimi secoli. Un incontro irripetibile che, modulato su vari registri artistici, restituisce “alla piazza” l’incanto, la rabbia e il fascino di una terra unica e dei suoi più autentici interpreti.
Un nome per tutti: IGNAZIO BUTTITTA
Tra i poeti contemporanei che hanno scelto di esprimersi in siciliano Buttitta è sicuramente il più noto e il più apprezzato, non soltanto nella sua terra. Non è un caso infatti che nel 1972 gli sia stato assegnato il Premio Viareggio per il volume “Io faccio il poeta”. Tra i temi più ricorrenti dei suoi versi, quelli delle lotte contadine e della conservazione della propria cultura. Una delle sue liriche più famose è “Lingua e dialetto”, dove implora i siciliani affinché conservino la propria lingua. Molto significativi sono già i primi versi: Un populu / mittìtilu a catina / spugghiàtilu/ attuppàtici a vucca, / è ancora riccu.
Si parla dei “dolori vecchi e nuovi della Sicilia, rinnovando i modi della lirica dialettale, con la convinzione che il poeta deve essere partecipe della lotta di tutti gli uomini per affrancarsi soprattutto della miseria”.
Proponiamo uno spettacolo musicale, condotto magistralmente dalla carica interpretativa di Carlo Muratori, voce e chitarra, che preveda l’esecuzione delle storie più famose scritte da Buttitta per i cantastorie dell’epoca (Il lamento ppi la morti di Turiddu Carnivali, Lu trenu du suli), alcune fra le canzoni più celebri eseguite da Rosa Balistreri, Otello Profazio, Nonò Salomone … (la Sicilia havi un patruni, Li pirati a Palermu, Amuri e dinaru…) intervallate dalla recitazione di alcune poesie.
5 agosto: INSTRUMENT 1/3
compagnia ZAPPALÀ DANZA
INSTRUMENT 1
coproduzione – Etnafest Arte Festival – Scenario Pubblico – uva grapes festival
coreografie e regia: Roberto Zappalà
musica originale (esecuzione dal vivo): I Lautari
testi di Nello Calabrò
Scene, luci e costumi: Roberto Zappalà
Interpreti: Adriano Coletta, Alain El Sakhawi, Fernando Roldan
Ferrer, Salvatore Romania, Antoine Roux-Briffaud, Alessandro Vacca
Musicista: Puccio Castrogiovanni
Instruments è l’ultimo progetto di Roberto Zappalà, che sulla scia del suo più recente percorso coreografico, libera il movimento da una drammaturgia troppo complessa per soffermarsi sul corpo nella sua relazione con il suono, il rumore, la musica. La prima tappa dal progetto, Instrument 1, è dedicata al marranzano, che per questa produzione è stato esplorato dai Lautari in un’affascinante ricerca, portando lo strumento, normalmente associato alla tradizione siciliana, a ritmi e sonorità innovativi e di grande impatto, dal sapore underground londinese. La danza insieme alla musica è protagonista, in corpo a sei danzatori uomini, che interpretano con vigore una Sicilia senza confini, in cui la tradizione e il moderno non vedono una netta distinzione, ma si incrociano, si ritrovano, si fondono. Con Instrument I Roberto Zappalà ha anche avviato re – mapping sicily, un percorso che avrà il compito di rileggere la Sicilia attraverso il suo linguaggio scenico.
INSTRUMENT 3
nuova creazione 2009
coreografie e regia: Roberto Zappalà
musica originale: Alfio Antico e musiche varie
testi di Nello Calabrò
Scene, luci e costumi: Roberto Zappalà
Instrument 3 si inserisce nel percorso re – mapping sicily, con il quale Zappalà intende rileggere la Sicilia attraverso il suo linguaggio scenico.
9 agosto: OMAGGIO ALLA SICILIA
OMAGGIO ALLA SICILIA
Concerto spettacolo dedicato alla Sicilia di Miriam Palma
con:
Miriam Palma-voce percussioni
Nino Giannotta-mandolino
Alessandro Cimino-chitarra classica
Miki Guccione-contrabbasso
Il racconto racconta, che un Dio,
quando volle creare il mondo,
prese un pezzo di terra e……….
L’idea su cui si fonda il progetto è quella di cogliere l’aspetto più peculiare della musicalità del canto e del narrare siciliano, cioè la grande influenza che la musica e la narrazione del medio-oriente ha esercitato su di esso. Come ricorda il principe nel suo capolavoro Il Gattopardo, “anche la bella Gigougin veniva trasformata in nenia araba, sorte cui deve soggiacere qualsiasi melodietta vivace che sia cantata in Sicilia”.
Soprattutto nel porgere il canto si è voluto guardare indietro a quella grande vocalità di appartenenza medio-orientale da cui trae origine il canto siciliano: le sfumature, i melismi, i quarti e ottavi di tono rendono particolare e affascinante questa vocalità.
La Sicilia e la sua natura complessa e multiforme, dove gli estremi primitività e raffinatezza convivono apparentemente tranquilli. Una piccola storia narra il mito della creazione del mondo e racconta che un Dio prese dalla Sicilia quello che gli occorreva per creare tutte le altre parti della terra; un’altra racconta che sempre lo stesso Dio impastò le parti rimaste dopo la creazione e ne venne fuori un grazioso triangolino…. e così via.
La Sicilia di Bufalino, che nel suo libro “Museo d’ombre” ricorda: Storia è il gesto con cui s’intride il pane nella madia Con cui si falcia il grano Un proverbio accattivante L’inflessione di una voce Il ritornello di una canzone.
Tragedia e comicità, due facce tipiche della Sicilia, sono presenti e animano tutto quanto lo spettacolo.