E’ il sogno del parco archeologico, all’interno della valle del Morello, di case Bastione e monte Giurfo che mese dopo mese sta divenendo realtà. E i principali artefici di tutto questo splendore che sta venendo alla luce sono l’amministrazione comunale del sindaco Gabriele Zaffora, la Soprintendenza ai Beni Culturali diretta dalla dottoressa Beatrice Basile, il Centro studi di archeologia mediterranea presieduto dall’archeologo Enrico Giannitrapani e l’università Kore che sottoscrivendo un accordo di partinariato stanno permettendo di proseguire una campagna scavi, alla quale stanno partecipando in modo diretto studenti del corso di laurea di archeologia mediterranea mettendo
in pratica così quello che stanno studiando. “Abbiamo già fatto quattro settimane di scavi in contrada Case Bastione – dice il prof. Enrico Giannitrapani docente di storia archeologica alla Kore- e devo dire con ottimi risultati perchè abbiamo confermato, rispetto a quello che avevamo visto due anni fa, che ci troviamo in presenza di un grande villaggio di capanne, un tesoro archeologico dell’età del rame e del bronzo risalente a circa seimila anni fa”. Infatti, stanno venendo alla luce diverse capanne dove sui pavimenti si stanno trovando focolari, fornelli, tantissimi vasi di ceramica dipinti molto belli e tutta una serie di strutture che servivano per le attività artigianali. “Abbiamo individuata una fornace –sottolinea il prof. Giannitrapani- per la fusione dei metalli, la più antica che fino adesso è stata scoperta in Sicilia, una serie di pozzetti intonacati con argilla cotta che contenevano ossa di animali che probabilmente servivano per la conservazione dei cibi. Numerossime sono le testimonianze legate alla tessitura con il ritrovamento di telai e di aghi in osso. E’ un villaggio –spiega il prof. Giannitrapani- posizionato geograficamente in un luogo ideale, in quanto vicinissimo al fiume Morello, che gli consentiva l’accesso verso l’Imera, ad un passo da Dittaino sulla piana di Catania e alle spalle dell’Altesina, che gli consentiva l’accesso verso il Tirreno. Questa posizione privileggiata ha fatto sì che crescesse una comunità molto florida che dedicandosi all’agricoltura, all’allevamento e all’artigianato gli consentì sicuramente di attraversare un periodo di grande splendore sociale ed economico”. Inoltre, è un’ipotesi, per il fatto di trovarsi al centro di un bacino ricco di zolfo, a 800 metri dell’ex miniera Realmese e a meno di 600 di quelle di Gaspa e di Respiga, che continuò a godere una certa prosperità per moltissimo tempo. “Il tessuto connettivo di Villarosa –dicono il sindaco Gabriele Zaffora e l’assessore Agastino Lentini- e la sua realtà culturale risiedono nella memoria, disseminata anche nei reperti archeologici del suo territorio. Il nostro territorio ha una vocazione turistico-culturale a cui bisogna fortemente credere”.
Pietro Lisacchi