Villarosa. Non c’erano tutti, ma quelli che dovevano esserci non sono mancati. Insieme hanno applaudito i momenti più significativi della cerimonia. Dunque, la sala consiliare di “Palazzo di città” da ieri porta ufficialmente il nome di Calogero Di Bona, il vice comandante della Casa circondariale “Ucciardone” di Palermo assassinato dalla “Lupara Bianca” palermitana esattamente 30 anni fa. Dopo la sua morte, di cui i colpevoli sono rimasti impuniti, Di Bona, illustre figlio di Villarosa, è stato riconosciuto “Vittima del Dovere” dal Ministero dell’Interno e presto sarà decorato anche della medaglia d’oro al valor civile. La cerimonia ha avuto il suo momento celebrativo più importante al momento
della scopertura, da parte della moglie, Rosa Cracchiolo, circondata dai figli Giuseppe, Alessandro e Ivan, della targa, ammantata nel drappo azzurro con nastro tricolore, posta all’interno della Sala. Alla manifestazione, iniziata con la deposizione di una corona d’alloro al munumento ai caduti, con la messa celebrata dal vescovo, mons. Michele Pennisi, e subito dopo con l’intitolazione della sala consiliare, sono intervenuti, oltre alle istituzioni comunali, il prefetto Elda Floreno, il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, Orazio Faramo, il questore Salvatore Patanè, il cap. dei carabinieri della compagnia di Enna, Stefano Leuzzi, il col. Vasco Angelotti, comandante del genio guastatori di Palermo, e tanti rappresentanti militari, istituzionali e sopratutto direttori e responsabili di Istituti e Servizi penitenziari. Il vescovo Pennisi, nell’omelia, nel ricordare la vicenda umana e professionale del mar. Di Bona, si è poi rivolto agli operatori carcerari esortandoli ad “essere forti e pazienti nelle tribolazioni, rispettosi della giustizia e della dignità della persone” che vengono affidate alla loro custodia. Significativa una parte del discorso del sindaco, Gabriele Zaffora, che di fronte all’indifferenza e perchè no alla paura della Villarosa per bene, cerca di riannodare i fili della speranza e della fiducia, e guardare avanti con coraggio. “Il nostro compito –ha detto- è quello di prestare le nostre gambe ed il nostro cervello alle idee di quanti non sono fra noi, magistrati, carabinieri, poliziotti, guardie carcerarie, giornalisti stroncati perchè portatori di valori di civiltà e di legalità”. Quindi, ha sottolineato che bisogna “riposizionare i paletti della convivenza civile, della tolleranza e della difesa della legalità”. “La nostra è una comunità –ha tenuto a ribadire- che appare indifferente o pigra rispetto ai temi della legalità. E’ una condizione che si ricava, inequivocabilmente, dal degrado culturale e sociale con cui ci acconciamo a convivere. Tutte queste presenze autorevole di oggi però, ci consentono di confidare nell’esistenza di un sistema istituzionale, che non cedono all’abbandono, al degrado, alla pigrizia alle intimidazioni”. Infine, ha ringraziato tutte le massime istituzioni presenti. Un ringraziamento particolare è andato però al prefetto Elda Floreno (ultimo giorno in provincia di Enna) che “con il suo operato e il suo esempio –ha detto Zaffora- è stato punto di riferimento morale culturale e istituzionale certo. Quindi ha ricordato a mo’ d’esempio “l’impegno e la dedizione della dott.ssa Floreno, spesi a che si realizzasse l’obiettivo di destinare a finalità sociali di alto valore i beni confiscati alla mafia” nel territorio villarosano. “Si uccide la persona e non le idee –ha detto il prefetto Floreno nel suo appassionato intervento in memoria del mar. Di Bona-. I cittadini devono essere liberi della forza intimidatoria della criminalità organizzata e devono sapere che lo Stato e la legatà prima o poi vincono”.
Giacomo Lisacchi