ENNA: GAZEBO IN PIAZZA SAN FRANCESCO PER LA PETIZIONE “FIRMA E ADOTTA IL CROCIFISSO”

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Enna.sabato 21 novembre dalle ore 16 alle ore 20 in piazza S.Francesco i giovani udc scendono in piazza con l’allestimento dei gazebo per la manifestazione dal titolo “firma e adotta il Crocifisso”dove saranno raccolte le firme contro la sentenza della corte europea e verranno ragalati dei Crocifissi. “La Corte europea dei diritti dell’uomo ha intimato lo “sfratto” al Crocifisso dalle aule scolastiche, perché costituirebbe “una violazione della libertà dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni”. Per i giudici di Strasburgo, “la presenza del crocifisso potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso.

 Avvertirebbero di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione”. Sulla preparazione giuridica dei membri della Corte di Strasburgo non ci permettiamo di eccepire. Sulla loro conoscenza della storia, invece, abbiamo da ridire. E molto. Le radici cristiane sono così profonde che reciderle rende incomprensibile il patrimonio di cultura, storia, arte e valori del nostro Paese. Dopo il crocifisso, che altro vogliamo schiodare dal panorama? Le croci dei campanili, per evitare che i cittadini avvertano di vivere in città e paesi che hanno “il marchio di una data religione”? La Madonnina del Duomo, per non “marchiare” il cielo sopra Milano? Faremo sparire dai testi di scuola le immagini con scene e simboli religiosi (dalla Pietà di Michelangelo alle Madonne di Raffaello), per non “violare” i diritti di alunni e genitori? E perché continuare a “offendere” i non credenti, ostinandoci a datare gli anni della nostra vita a partire dalla nascita di Cristo? Non sarebbe ora che il “sinedrio” di Strasburgo agisse anche sul calendario? La sentenza della Corte europea di Strasburgo non difende la libertà, offende solo la memoria. Che, condannata all’“alzheimer civile”, non ha più passato. Valori e simboli fanno parte del bagaglio di tutti i cittadini, credenti e non. Appartengono a una biografia collettiva. Che l’eredità cristiana sia connaturata all’essere italiani l’aveva capito bene un filosofo (non un teologo) come Benedetto Croce. Affermando che «non possiamo non dirci cristiani», scriveva: “Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto. Nessun’altra regge al confronto. Rispetto a lei tutte sembrano limitate”. I simboli delle grandi trasformazioni storiche non si sfrattano: vale per il tricolore dell’unità d’Italia, giustamente difeso dal vilipendio secessionista, come per il crocifisso che sta piantato nel cuore della civiltà. Il crocifisso è sì un simbolo religioso, cui i cristiani guardano come alla stella polare della loro fede, ma è anche parte integrante della nostra identità di popolo. Parla al cuore dei credenti, ma allarga le braccia sulle sofferenze di ogni uomo e donna; indica traguardi di giustizia, pace e solidarietà. Anche i giudici di Strasburgo dovrebbero saperlo. Ma dovremmo ricordarcelo tutti noi, cristiani a orologeria. Per essere credibili, nella difesa del crocifisso, dovremmo rispettarne con coerenza il messaggio. Nella sua interezza. Anche quando è scomodo, controcorrente. Su quella croce, ancora oggi, sono inchiodati tanti “poveri Cristi”, ai margini della società. Abbiamo tolto loro diritti e dignità, respingendoli o sfrattandoli dalle nostre terre e case. Non c’è nulla di più ipocrita, tanto meno cristiano, che strumentalizzare la croce per affermare un’identità in opposizione ad altre. O brandire il crocifisso come clava contro gli “infedeli”. La sentenza di Strasburgo conferma il peccato originale dell’Europa: un’Unione senza anima, senza radici. E senza i simboli più cari. Così ci impoveriamo tutti. Così ci si allontana dalla volontà popolare”.
[CO]

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