Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza alle donne, una data scelta nel 1988 dall’Onu, in ricordo delle tre sorelle Miraball, , soprannominate le farfalle, oppositrici del regime dittatoriale della Repubblica Dominicana, torturate, stuprate e uccise dai servizi segreti militari di Santo Domingo, nel 1960. La violenza contro le donne ha molte facce: le uccisioni e gli stupri sono gli aspetti più drammatici delle violenze dentro e fuori le mura domestiche, nei luoghi di lavoro, per le strade. È sofferenza e umiliazione ed è la prima causa di morte tra le donne nel mondo. Ancora troppo di frequente, donne e bambine sono vittime di violenza
e tale violenza nasce principalmente tra le mura di casa, dove padri, mariti, parenti e conoscenti abusano delle mogli, delle figlie, delle nipoti. Queste mura nascondono agli occhi esterni i misfatti, occhi che però potrebbero perfino dare torto alla vittima innescando una spirale di ulteriore violenza, questa volta psicologica, tradotta nella mancata attuazione della giustizia e nel furto della libertà individuale, dell’infanzia.
Anche sotto un altro punto di vista la casa è culla di tale violenza. All’interno delle mura domestiche troppo spesso si raccolgono, trasmessi dalla televisione e dalla famiglia, comportamenti e pratiche violente – a partire da quelle verbali – nei confronti delle donne. Modelli relazionali violenti che saranno assimilati da bambini e bambine che li porteranno per sempre nel loro vissuto, lezioni quotidiane di maschilismo che facilmente verranno riproposte a scuola, in strada e in una futura famiglia.
Ci pare doveroso sottolineare che è necessario includere nella definizione di violenza non solo lo stupro o il maltrattamento fisico ma anche forme di abuso psicologico, le forme di esclusione, i ricatti e le molestie sui luoghi di lavoro.
Quindi non solo della violenza sessuale bisogna parlare, siamo consapevoli che la donna vive tuttora il peso di una cultura fortemente maschilista che la vede come procreatrice, massaia e fornitrice di prestazioni sessuali, semplice merce di scambio o da esposizione. E questa cultura, regalataci a massicce dosi da spot televisivi, e dal comportamento di eminenti politici, potrebbe persino convincere le stesse donne che il loro posto è al servizio dei loro uomini.
Noi del “il Giardino dei Gelsi” scegliamo di non tacere proprio perché è il silenzio il peggior nemico della lotta contro la violenza sulle donne; numerosi studi fatti rivelano che sono ancora poche le donne che denunciano i maltrattamenti subiti mentre sono moltissime quelle che nemmeno vogliono affrontare il discorso. Il senso di colpa, la consapevolezza di aver sposato una persona violenta o di non esse riuscite a reagire, attanaglia molte di loro è forse una ferita più dolorosa di un livido.
Noi del “il Giardino dei Gelsi” ci schieriamo a fianco delle donne perché non tacciano più, perché lottino per una autentica libertà individuale, perché cadano i pregiudizi legati all’orientamento sessuale, perché sia rispettata l’altra metà del cielo. Mercoledì 25 alle ore 17.00 presso il Centro di Aggregazione L’Approdo (zona Don Bosco) organizziamo un dibattito condotto dalle dott.sse Liliana Barbera e Maria Concetta Buscemi preceduto dalla proiezione gratuita del film “Ti do i miei occhi”.
Giovanna Sberna