RINVIATI A GIUDIZIO I GIORNALISTI JOSE’ TROVATO E GIULIA MARTORANA. PER L’ASSOSTAMPA “I GIORNALISTI POSSONO APPELLARSI AL SEGRETO PROFESSIONALE”

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“Rimaniamo basiti di fronte alla notizia del rinvio a giudizio dei colleghi Josè Trovato del “Giornale di Sicilia” e Giulia Martorana del quotidiano “La Sicilia”, per non avere rivelato le fonti di informazioni in merito alla vicenda del ritrovamento di un cadavere a Piazza Armerina  nel 2007. “Sorprende, dichiara Ivan Scinardo segretario provinciale del sindacato unitario dei giornalisti,  la decisione  del pubblico ministero del Tribunale di Enna Marcello Cozzolino  di rinviare a giudizio i colleghi “colpevoli di non avere rivelato le fonti  delle notizie di carattere fiduciario ricevuto”. Siamo certi che Josè Trovato e Giulia Martorana hanno diffuso la notizia dopo avere svolto un serio e diligente lavoro di verifica

e di ricerca della verità. Apprezziamo e garantiamo il giornalismo di inchiesta dei colleghi e ribadiamo  che avranno sempre l’Associazione della stampa al loro fianco convinti che nessuna vicenda giudiziaria potrà mai fermarli. L’autonomia del giornalista serve a garantire l’obiettività dell’informazione.

L’informazione obiettiva serve unicamente la collettività, ossia persegue un interesse generale. L’Assostampa, conclude Scinardo, auspica che la vicenda che vede interessati i colleghi si risolva positivamente e sottolinea con forza che numerose sentenze hanno sancito che i giornalisti italiani possono, anzi devono, rifiutarsi di rispondere ai giudici su materie coperte dal segreto professionale, invocando, con le leggi nazionali, la protezione dell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che non è reato tutelare la fonte, pronunciandosi in merito all’applicazione dell’articolo 200 del codice di procedura penale relativo al segreto professionale nell’attività giornalistica. La Corte ha stabilito che il giornalista iscritto all’Albo non può essere obbligato a deporre relativamente ai nomi delle persone dalle quali ha ricevuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio della sua professione. Vogliamo inoltre ricordare che i colleghi pubblicisti o praticanti possono sempre invocare l’articolo 2 della legge 69/1963 sull’ordinamento della professione di giornalista. I giornalisti possono inoltre appellarsi al segreto professionale ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (recepita dalla legge italiana 848/1955), della
Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948 e del Patto sui diritti politici di New York, che, usando le medesime parole, difendono «la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche». Protezione alle fonti dei giornalisti è concessa anche dalla Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, che nella celebre sentenza Goodwin ha dato ragione ad un giornalista inglese nell’appello contro l’Alta Corte britannica, la quale gli avevano imposto di render noto il nome di un confidente. Questa tendenza trova riscontro nel Parlamento Europeo (risoluzione del 18 gennaio 1994) e nel Consiglio d’Europa, il quale, con decisione n° R (2000) 7 dell’8 marzo 2000, sentenzia che «il diritto dei giornalisti di non rivelare le loro fonti fa parte integrante del loro diritto alla libertà di espressione garantito dall’articolo 10 della Convenzione, e che questo diritto si impone a tutti gli S tati contraenti”.

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