L’AGRICOLTURA, UN PILASTRO DI UNA POSSIBILE VIA DI SVILUPPO DEL TERRITORIO ENNESE

L’agricoltura, un pilastro di una possibile via di sviluppo del territorio ennese. Nella nostra provincia esistono aziende agricole di rilievo con storie ed esperienze ragguardevoli, esistono prodotti di eccellenza, ma convivono con sistemi di arretratezza che stentano ad evolversi. “Questo perchè nelle nostre aziende –sostiene il presidente provinciale della Cia, Francesco Salamone- non c’è una vera imprenditoria capace di affrontare  il rischio di impresa, di fare marketing delle proprie produzioni e di orientarsi verso il mercato. Insomma, ancora non abbiamo acquisito quell’esuberanza che ci fa, ad esempio, contemporaneamente imprenditori e cittadini europei. Dobbiamo fare un salto di qualità –continua Salamone-, come del resto, manco a dirlo, stanno facendo diverse aziende nord africane. Le faccio un esempio: dieci anni fa importavamo grossissime partite di olio di oliva dalla Tunisia per miscelarlo con i nostri prodotti, oppure compravano grosse partite di olive da molinare nei nostri frantoi per poi spacciarlo come prodotto italiano. Tutto legittimo rispetto alle norme vigenti. Il fatto è che ora sono i tunisini che sulle partite  di merce destinate al nostro mercato pretendono da noi garanzie che il loro prodotto non venga contraffatto o mescelato con quello nostro. Sicchè è l’olivicoltura tunisina che rispetto a noi ha fatto grossi passi avanti sia da un punto di vista economico che commerciale. Anche su altri settori non stiamo bene –sottolinea Salamone- e per uscire dall’impasse della crisi dobbiamo avere la capacità di organizzarci affidando i nostri prodotti a strutture consortili per avere più forza negoziale. La globalizzazione specialmente in agricoltura ha distrutto molte nostre specificità. Oggi promuoviamo i cosiddetti mercati del contadino, quando sino avantieri eravamo infestati di mercati del contadino che chiamavamo fiera di Enna, di Nicosia, di Capizzi ecc.. Mercati aperti, liberi, in cui circolavano le vecchie dieci mila lire con le quali i produttori agricoli si pagavano il mutuo della casa, facevano studiare i figli e investivano nelle loro aziende senza invocare necessariamente il contributo pubblico. Le normative comunitarie sollecitate dalle multinazionali hanno disintegrato l’economia e tutte le specificità del nostro territorio obbligando i consumatori a comprare nei sottovuoti degli scaffali dei supermercati; un altro esempio: la ricotta che non è sicuramente buonissima come quella che si produceva nell’azienda dello ‘zi Minicu, fatta per millenni alla stessa maniera. Ma quale potrebbe essere secondo lei la soluzione? “La politica dove ritornare ad impatronirsi del suo ruolo, anche perchè la provincia di Enna non può avere vocazioni  alternative all’agricoltura. Quindi deve ritornare a rappresentare la specificità del  territorio che è fatta di zootecnia transumante, di prodotti connessi alla zootecnia, ma anche di grano e di tanti altri prodotti. Si deve rilanciare il nostro territorio come una vetrina che dia al consumatore prodotti sicuri e biologici. Se pensiamo che una famiglia di quattro persone in media spende 16,50 euro al giorno per la spesa: pasta, olio, latte, formaggio, frutta ecc.; se consideriamo che la nostra provincia ha 173 mila abitanti, possiamo benissimo calcolare che per mangiare la popolazione ennese spende in un anno circa 300 milioni di euro. Basterebbe che la nostra agricoltura intercettasse in maniera intelligente almeno il 60% di questo enorme flusso di denaro per dare vigore a tutta la nostra economia facendo risparmiare i consumatori (filiera corta), offrendo contemporaneamente prodotti di qualità. Da qui la mia accusa alla politica, che da anni ha abbandotonato gli interessi legati all’agricoltura, alla nostra specificità che ci isola rispetto anche alle altre otto province della Sicilia”.
Giacomo Lisacchi