La sera del 9 maggio scorso si è svolto presso la saletta Ariston un interessantissimo incontro-dibattito organizzato dal Rotary Club di Enna, che ha visto come protagonista relatore il socio dr. Luigi Curcio che ha intrattenuto i numerosi partecipanti sulle vicende del complesso minerario di Pasquasia (sito nelle vicinanze del capoluogo ennese), chiuso sin dal lontano 1992 e che ha ridestato di recente l’ interesse pubblico, con diversi interventi sulla stampa specializzata, a seguito di iniziative per la “bonifica” del sito e la possibile ripresa dell’attività estrattiva. Luigi Curcio ha ricoperto per diversi anni la carica di Presidente dell’Ispea (Industria Sali potassici e Affini), società titolare della relativa concessione. La preziosa testimonianza del relatore, che ha vissuto l’epoca d’oro delle vicende legate all’attività estrattiva, sia in termini di occupazione che di commercializzazione dei prodotti, ha avuto un ulteriore stimolo “discorsivo” dall’ipotesi avanzata in questi ultimi giorni della possibile riapertura della miniera finalizzata alla produzione di magnesio. Luigi Curcio ha descritto particolari eventi storici con dovizia di particolari e note tecnico-chimiche che hanno dimostrato in maniera palese come sarebbe stato difficile condurre, anche ai giorni nostri, un apparato produttivo che si fonda sulla scissione di elementi chimici che può apparire semplice in teoria, ma che di fatto risulta molto complicata e costosa. Illuminante in merito è stato l’intervento del socio Paolo La Paglia, esperto chimico, che ha spiegato tecnicamente come alcune teorie bizzarre, pubblicate dalla stampa o attinte da altre fonti, mal si adattano a risolvere quello che era il principale problema per la sopravvivenza di Pasquasia: lo smaltimento delle acque reflue, che avevano una concentrazione salina per litro superiore di seicento volte quella del mare! Quindi è apparso subito ovvio, anche agli occhi dei profani, come una tale concentrazione salina possa ostruire in breve tempo qualsiasi conduttura, come quella di 90 km. ipotizzata a suo tempo per riversare i reflui sul mare di Licata.
Ospite gradito dalla serata il dr. Giuseppe Amato, Assessore provinciale alle politiche ambientali, il quale ha messo l’accento sull’impossibilità della riapertura del sito minerario che, oltre le prospettate difficoltà di natura tecnica, richiederebbe investimenti economico-finanziari talmente rilevanti da mettere in ginocchio anche le finanze regionali. Quindi ha proposto tutta una serie di iniziative culturali e turistiche, con cui rivalutare il sito e tramandarne la storia. Ha anche accennato alla possibilità della costruzione di un parco fotovoltaico, integrato con l’ambiente. Il dr. Amato ha colto l’occasione per confermare che tutti gli esperti hanno escluso, in modo incontrovertibile, la presenza nel sottosuolo di pericolose scorie radioattive, la cui esistenza era diventata ormai: legenda metropolitana. Esiste, tuttavia, la necessità di procedere ad una radicale bonifica dei luoghi, intasati da rifiuti vari accumulatisi nel tempo: sia per l’incuria, sia per il disuso. Disuso che ha causato anche il deperimento naturale della struttura il cui smantellamento richiederebbe costi elevatissimi.
In conclusione il dr. Curcio ha citato i tanti attori contattati durante la sua presidenza: russi, svizzeri, americani; le trattative per un rilancio dell’attività si sono però sempre arenate a causa degli alti costi delle operazioni di estrazione, dell’elevato rischio di recuperare l’ingente investimento e delle incerte ipotesi produttive, in particolare del minerale pregiato che interessava ai paesi esteri come il magnesio metallico (metallo nobile impiegato in strutture aerospaziali). Un dubbio è rimasto: “chissà se altri produttori mondiali hanno avuto interesse a non creare un valido concorrente nel sottosuolo del dimenticato sud Italia?” A questa domanda nessuno ha dato una risposta precisa. Forse è meglio che la risposta giaccia nelle viscere della terra di Pasquasia, a fare compagnia alla stessa anima storica della miniera.