CIA ENNA: SOLO UNITE LE AZIENDE RIESCONO AD ACCRESCERE IL PROPRIO VALORE AGGIUNTO E A STARE SUL MERCATO.

Puntare sull’aggregazione aziendale per dare più peso agli agricoltori nella filiera. La Cia individua nel rafforzamento delle Organizzazioni di produttori la strada da seguire per superare i problemi strutturali del settore primario, da sempre affetto da un’estrema frammentazione aziendale e da una filiera troppo lunga e squilibrata. “Le inefficienze delle organizzazioni di filiera sono la prima causa della scarsa competitività delle imprese agricole”, ha sostenuto Salvatore Maimone, Direttore Provinciale, nel seminario tenuto dalla Cia l’8 Settembre a Enna presentando un documento che intende aprire un confronto sulla regolamentazione del mercato e l’aggregazione aziendale, prospettive sempre più necessarie per ridare all’agricoltura la forza contrattuale che le spetta all’interno della filiera.
“È diventato sempre più urgente definire misure condivise in grado di regolamentare il mercato, con lo scopo di renderlo più equo ed equilibrato”. Ha affermato il presidente della Cia di Enna Francesco Salamone. “Per questo è necessario lavorare per l’unità delle imprese, evitando però facili scorciatoie e ricette semplicistiche”.
Per dare delle regole al mercato agricolo è necessario un punto di svolta della politica agraria, che lavori seriamente a un rafforzamento e a una riforma delle Organizzazioni di produttori, destinate a diventare strutture economiche con funzioni d’impresa costituite da agricoltori attivi e orientate a una filiera efficiente e organizzata, in grado di ridurre i costi burocratici e di sistema, di incrementare i redditi degli agricoltori, e di assicurare una più equa distribuzione del valore aggiunto a vantaggio degli agricoltori.
Quella delle organizzazioni di prodotto non è un’esperienza nuova né in Italia, né in Sicilia. La Ocm ortofrutta è l’esempio italiano più importante, ma nonostante questo il settore non raggiunge il 50 per cento del prodotto commercializzato da Op. È per questo che è giusto partire da quest’esperienza, per migliorarla, costruendo un modello nuovo che abbia una base esclusivamente agricola e che sia in grado di gestire i rapporti di filiera in modo da dare garanzie ai produttori. Cedendo il 75 per cento del prodotto aziendale alla Op, e potendo trattenere solo un 25 per cento per la vendita diretta, gli agricoltori contribuiscono così all’accrescimento del valore aggiunto del prodotto che, aggregato, costituisce una massa critica in grado di stare sul mercato.
Si deve guardare alle Op come ai soggetti prioritari delle politiche agricole, che siano in grado di intercettare al meglio i finanziamenti pubblici, soprattutto in vista della nuova Pac. In tal senso, è indispensabile una razionalizzazione della Politica agricola comune, anche attraverso lo stanziamento di adeguate risorse per il rafforzamento del sistema delle Op. Ma rafforzare le organizzazioni di produttori non vuol dire finanziarne l’avviamento, altrimenti il rischio è di una corsa ai contributi anche da parte di quelle imprese che non hanno realmente intenzione di crescere in queste forme di aggregazione. Piuttosto si finanzino le organizzazioni di produttori che dimostrano di avere una strategia competitiva e un progetto d’impresa valido per stare sul mercato.
La maggiore efficienza e capacità commerciale legata a queste forme di aggregazione dà all’agricoltura una maggiore forza contrattuale nelle dinamiche interne alla filiera. Solo superando l’annoso problema del caratteristico “nanismo” dell’agricoltura italiana, si può lavorare all’accrescimento della competitività dell’agricoltura.