Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore, Giunti al termine della solenne processione in onore della Santa Vergine della Visitazione, di cuore vi ringrazio per la vostra testimonianza, che commuove i cuori e fortifica la fede. La nostra umanità ha bisogno di esprimere i sentimenti dell’anima attraverso parole e gesti: ciò avviene nei rapporti umani, e così accade con il Signore, la Madonna, i Santi. Dio, infatti, si è fatto visibile assumendo la nostra carne mortale, ha condiviso la vita degli uomini, e ci ha lasciato la Chiesa e i sacramenti, le Scritture e i fratelli, perché potessimo, in un certo senso, “vedere e toccare” il Mistero che ci avvolge con la sua presenza d’amore. Egli, Cristo Gesù, è venuto ed è rimasto con noi perché nessuno si sentisse solo e abbandonato. Come ogni anno anche oggi, nel cuore del Giubileo dei 600 anni della sua proclamazione a Patrona di Enna, abbiamo portato nelle nostre strade la cara immagine della Madonna. Forse, mentre portavamo lei, ci siamo lentamente accorti che – in realtà – siamo noi ad essere portati dalla Madre di Dio. E così è! Ella, ancora una volta, ha guardato le nostre case, testimoni silenziose di gioie, speranze e dolori; custodi discrete di tante solitudini. Ma, ci chiediamo, ci lasciamo, noi, portare veramente da lei? E guardiamo a lei? Rispondiamo al suo sguardo di Madre? Oppure siamo figli riottosi, che recalcitrano a lasciarsi guidare; figli troppo distratti, talmente presi dalle occupazioni quotidiane e da se stessi, da non aver animo e tempo di fissare il suo volto che vuol parlare al nostro cuore? Noi non vogliamo essere ingrati; non vogliamo che questa celebrazione, tanto solenne e significativa, finisca con il tramonto del giorno. Desideriamo che essa continui pur nella semplicità quotidiana dei nostri doveri, ma non per questo meno partecipe e profonda.
Ma come potrà continuare? Continuerà nei frutti spirituali di questa giornata di famiglia. La Madonna ci visita nelle forme care della Tradizione che si rinnova annualmente: ma ognuno di noi, la comunità cristiana, la città intera – memore e fedele ai suoi secolari impegni – vuole rinnovare non solo un affidamento personale e pubblico ma, insieme, un’ adesione interiore dell’anima, un afflato d’amore filiale alla Santa Vergine, un impegno rinnovato di fede cristiana, un’appartenenza fedele e generosa alla Chiesa, un servizio dedito e limpido alla costruzione di una società giusta. Sono atteggiamenti del cuore che potrebbero apparire fragili e di poco peso, quasi delle pie intenzioni tanto scontate quanto inefficaci, ma in realtà è dalle disposizioni dell’anima che nascono i comportamenti della vita. E’ da questi movimenti interiori che scaturiscono e si confermano propositi concreti e alti come la preghiera quotidiana, la vita sacramentale, l’ascolto assiduo delle Scritture, la partecipazione viva alla comunità cristiana, la testimonianza nel lavoro e in ogni ambito della vita sociale.
Città di Enna, alza lo sguardo e rinnova la fiducia e la tua fede: la Madonna, da seicento anni, ti visita con particolare affetto. Non dobbiamo temere: guardare a lei che è Madre, suscita un diverso modo di guardarci gli uni gli altri, ci fa scoprire che non solo siamo simili e prossimi, ma
fratelli, che siamo dello stesso “sangue” di Dio, siamo famiglia in Gesù. E allora, tutto appare diverso: l’onestà e la giustizia, un modo più puro di amare e di stare insieme, un coraggio nuovo e un ardimento attivo per affrontare avversità antiche e nuove…tutto diventa possibile. Cari Amici, guardiamo alla Madonna, ci presenta Cristo, ci guarderemo in modo nuovo e più vero; saremo più capaci di guardare il futuro e di lottare per costruirlo insieme.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
Saluto al Sig. Sindaco
Sig. Sindaco
Autorità
Sono lieto per l’opportunità di questa mia visita a Enna in una circostanza tanto significativa per la Città e per la Diocesi. Ringrazio il Vescovo per il suo fraterno invito e ringrazio Lei, Sig. Sindaco, per le parole che mi ha gentilmente indirizzato a nome Suo e della Amministrazione.
Il Senato dell’allora Castrogiovanni, nel 1412, volle affidare il patronato della Città alla Madonna della Visitazione, e oggi siamo qui per ricordare quella decisione civile e popolare dopo seicento anni. Possiamo chiederci: quale significato aveva allora quel fatto e quale ne ha oggi dopo sei secoli in un contesto tanto cambiato? E’ solo un evento che celebriamo come un ricordo segnato da una certa nostalgia per tempi andati? E’ stato un atto pio ma ormai superato dalla sensibilità moderna? Ci sono stati dei frutti da quella decisione? E Oggi? Come si vede, diversi possono essere gli interrogativi quando celebriamo anniversari e ricorrenze, soprattutto se sono lontani nel tempo. Le domande non sono astratte o retoriche; ma toccano il nodo del rapporto tra fede e vita. In questo mio brevissimo intervento, in un contesto rappresentativo e in un luogo tanto simbolico per la vita sociale, desidero fare due considerazioni.
La prima riguarda strettamente il piano religioso. La fede cristiana non è un insieme di idee o di precetti morali, ma è innanzitutto un rapporto con la Persona di Cristo. E quindi è qualcosa di vivo, che immette in una rete di relazioni che hanno Dio al centro nel mistero della Sua Unità e Trinità, ma a cui fa corona una moltitudine di Angeli e Santi, di anime che vivono nella sua gloria e che – in una parola – chiamiamo Cielo. Tra queste creature splendide e splendenti, spicca la Vergine Maria, la grande Madre di Dio. La fede immette in questo mondo di armonia e bellezza, dove la verità e l’amore sono la stessa natura di Dio, datore di ogni bene. In questo orizzonte, sappiamo di non essere soli nel pellegrinaggio terreno, e sappiamo di poter contare su quell’aiuto di grazia che non risolve i nostri problemi in modo miracolistico, ma, molto di più, ci dona luce per fare le scelte giuste nei bivi della vita, e forza per percorrere la via del bene. Luce e forza di cui tutti sentiamo avere particolare bisogno perché ci sappiamo fragili e incerti per non sbagliare per noi e per la collettività. Per questo, le tradizioni religiose delle nostre comunità non sono mai superate nella loro sostanza, proprio perché espressione della fede viva del popolo cristiano.
Ma c’è una seconda considerazione che vorrei richiamare; e questa si pone su un piano più generale. Riguarda la cultura. Proprio perché la fede è rapporto con Dio in Cristo e riguarda l’uomo in tutte le sue espressioni, la fede genera cultura, cioè un modo di vivere che consegue ad un comune sentire attorno ai grandi quesiti dell’esistenza. La cultura se è vera, come la civiltà che ne è la traduzione più evidente, non nasce a tavolino in modo astratto come un parto solitario di alcune intelligenze che s’impongono alla massa; ma nasce da una visione della vita, dell’uomo, del mondo. In queste realtà molto concrete, si pongono in rilievo il momento del nascere e del morire: “In faccia alla morte – scrive il Concilio Vaticano II – l’enigma della condizione umana diventa sommo (…) Il germe dell’eternità che porta in sé, irriducibile com’è alla sola materia, insorge contro la morte” (Gaudium et spes, 18). Le risposte ai grandi quesiti di Dio, del vivere e del morire, della famiglia e della sofferenza, del mondo e dell’eterno, ispirano diversamente il senso della realtà e quindi il modo di affrontare gli altri e le cose. Nascono culture diverse a seconda di un diverso
approccio al Mistero che avvolge noi e il mondo. Ed è il comune sentire, l’humus diffuso, che genera quell’ethos che, se si frammenta, dissolve il senso di appartenenza ad una comunità e ad un popolo, ad una stessa Nazione. La difesa e la cura del senso religioso e della fede non appartiene, pertanto, solamente all’ambito dei diritti fondamentali, ma anche è alla radice di una rispettosa amministrazione della cosa pubblica. L’unità della vita sociale – a livello locale, nazionale, internazionale – non si crea solo con l’economia, ma innanzitutto con la cultura e, in questa, la dimensione religiosa è essenziale come bene per tutti.
Vi ringrazio per l’accoglienza cordiale: ricambio a Lei, Sig. Sindaco e ai Suoi collaboratori, all’intera Giunta, la serenità delle vostre famiglie e un lavoro proficuo a vantaggio del bene comune di questa Città e, di riflesso, di questa splendida Isola e del nostro amato Paese. Grazie.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana