Gentile Direttore, il voto sul bilancio di previsione e l’acceso dibattito che ne è nato, mi stimolano alcune riflessioni. Il dato saliente consiste nel voto favorevole al bilancio elaborato dall’amministrazione Garofalo da parte di cinque componenti la minoranza consiliare (i consiglieri Bruno, Cardaci, Contino, Fussone ed Incardona). Chiarisco subito che io ero assente, per motivi professionali, ma che avrei votato contro la proposta dell’amministrazione. E lo avrei fatto non solo per motivi attinenti al bilancio, che pure riflette la pochezza della proposta politica di chi l’ha elaborato, ma soprattutto perché votare il bilancio di previsione di un’amministrazione significa condividerne il programma (quanto meno quello dell’anno in corso).
Non si tratta, come confusamente il sindaco dichiara alla stampa, di “senso di responsabilità”, si tratta di condividere posizioni politiche, di partecipare ad una progettualità, di sostenere un programma.
Il bilancio è l’atto politico più significativo sul quale il consiglio è chiamato ad esprimersi, poiché traduce in numeri i progetti dell’amministrazione.
Il che significa che chi vota il bilancio o è, almeno in quella circostanza, maggioranza (ma si può essere maggioranza e minoranza ad intermittenza ?) o non ha chiaro il senso del voto che esprime.
Quel che è certo è che chi vota il bilancio dai banchi della minoranza non è “responsabile”; è, più prosaicamente, convinto della bontà della proposta politica dell’amministrazione Garofalo.
Il ragionamento del sindaco Garofalo, pur riconoscendogli la capacità di blandire qualche anima bella, fa acqua da tutte le parti.
Il bilancio del 20 luglio non aveva bisogno, per essere approvato, del voto dei 5 della minoranza, poiché sarebbe stato comunque approvato con 13 voti a favore e 10 contro (se ciascuno avesse votato secondo schieramento di appartenenza).
Dunque, nessun senso di responsabilità può essere sbandierato per giustificare una scelta eminentemente politica.
Sembra quasi che vi sia una difficoltà nell’ammettere di essere consiglieri comunali a sostegno dell’amministrazione e tale difficoltà deve essere avvertita anche dal sindaco che, sempre più in preda alla confusione, dichiara di essere minoranza in consiglio.
Il sindaco sa bene, invece, che la sua amministrazione può contare su una maggioranza.
Variopinta e variabile magari, ma maggioranza.
Ai tredici consiglieri del P.D., sempre allineati e coperti, in questi due anni di governo cittadino si sono stabilmente aggiunti il vice presidente del consiglio Di Mattia, il consigliere Falciglia, il consigliere Vasapollo e, da ultimo anche il consigliere Messina (tutti eletti in liste alternative a quelle a supporto del sindaco Garofalo).
Ora, se è comprensibile l’imbarazzo di chi ha votato con l’amministrazione il 95% (o forse più) delle proposte della giunta Garofalo, pur essendo stato eletto in contrapposizione ad essa, non è corretto parlare di minoranze, meno che mai “responsabili”.
Maggioranza e minoranza sono ruoli essenziali ed insostituibili in democrazia e, in linea di massima, non sovrapponibili: la prima governa, la seconda controlla, pungola, denuncia e prepara un’alternativa.
E siamo al punto della questione.
Chi è stato eletto in alternativa all’amministrazione Garofalo ed a quel sistema di malgoverno della cosa pubblica – di cui l’amministrazione Garofalo e la sua maggioranza sono diretta espressione – che ha regalato alla collettività le bollette della nettezza urbana più alte d’Italia e quelle altrettanto esose dell’acqua (ancora privata a dispetto dei referendum e dei proclami del sindaco) ha il dovere di preparare un’alternativa netta allo sfascio che conosciamo negli uomini e nei mezzi.
Se poi qualcuno non intende proseguire nel percorso di cambiamento della realtà ennese, è certo libero di farlo senza bisogno di giustificare le proprie scelte con un improbabile senso di responsabilità: semmai, ne risponderà ai suoi elettori.
Al contrario del sindaco, io credo che chi sostiene, stabilmente o occasionalmente, l’amministrazione Garofalo sia un irresponsabile, per il danno che concorre a propinare alla collettività.
A proposito di senso di responsabilità, se il sindaco, anzicchè declinarlo nei confronti di chi gli vota il bilancio, ne avesse un pizzico, provvederebbe a dotare il Comune di un apparato amministrativo che evitasse i grossolani pasticci a cui il consiglio comunale costantemente assiste, da ultimo l’adozione della delibera di approvazione del bilancio.
Illegittima per la modifica, in corso di consiglio, dell’elenco annuale e del programma triennale dei lavori pubblici, senza la previa pubblicazione della delibera di giunta, e per l’avere votato una proposta di delibera (quella modificata) non compresa nell’ordine del giorno notificato ai consiglieri assenti.
Il vero senso di responsabilità sta in chi potrebbe “fare saltare” il bilancio per convenienza politica e non lo fa per non danneggiare la cittadinanza. Maurizio Dipietro
consigliere comunale di “Enna al Centro”
ENNA: IL CONSIGLIERE DI PIETRO SU BILANCIO COMUNALE
