Enna ordinazione diaconale DI salvatore Rindone e giuseppe Rugolo

Carissimi confratelli,  fratelli e sorelle Oggi in questa Chiesa Madre , in occasione dell’anno mariano nel 600 anniversario della proclamazione della Madonna della Visitazione a Patrona della città di Enna, siamo chiamati a rendere grazie al  Padre che ci dona la gioia di ordinare due diaconi : Giuseppe Rugolo e Salvatore Rindone. A questo ringraziamento si unisce  anche il mio nel 40 anniversario della mia ordinazione presbiterale che è stato un dono  non solo per la mia persona ma anche per le comunità che in questi 40 anni sono stato chiamato a servire particolarmente nelle diocesi di Caltagirone, di Roma e di Piazza Armerina. Noi oggi siamo chiamati a leggere  questi doni del diaconato di Giuseppe e Salvatore  e del mio presbiterato alla luce della fede per scorgervi la presenza misteriosa di Dio, che si serve di creature povere e fragili per realizzare il suo ministero di amore.  Solo alla luce dell’amore di Cristo si comprende anche il diaconato e il sacerdozio ministeriale che, a partire dalla partecipazione alla carità

pastorale di Cristo, si pone al servizio del popolo di Dio.
Voglio oggi richiamare per  me  oggi le esortazioni di S. Paolo a Timoteo: “Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito per indicazione di profeti, con l’imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri”(I Tm 4,14).”Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te”(2 Tm 1,6) . Si tratta di riaccendere ogni giorno il fuoco del dono dello Spirito Santo  apportatore di luce e calore, di forza , di amore e di saggezza, senza vergognarsi anche di soffrire per il vangelo.
Voglio richiamare alla mia memoria quanto scrissi nel giorno della mia ordinazione sacerdotale riportando un pensiero di Laurentius eremita:”Allora pensai che forse tutta la mia vita sarebbe trascorsa alla ricerca di quello che mi è accaduto e il cui ricordo mi riempie di silenzio”.
Oggi noi siamo invitati a meditare sul’amore gratuito di Dio che ha chiamato  Giuseppe  e Salvatore ma anche ciascuno di noi con una vocazione santa.
Oggi come comunità diocesana diciamo il nostro grazie al Signore per questo dono che, ancora una volta, fa a questa nostra Chiesa con l’ordinazione di due diaconi. Ma la mia e vostra riconoscenza si estende ai  loro  genitori e familiari, ai loro Parroci e parrocchiani, al nostro amato Seminario Diocesano e ai suoi superiori, alla Facoltà Teologica di Sicilia  San Giovanni Evangelista di Palermo , all’Almo Collegio Capranica, alla Pontificia Università Gregoriana e  al Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma.
In modo particolare desidero salutare e ringraziare i parroci di questa Chiesa Madre mons. Francesco Petralia ,di San Giovanni Battista mons. Pietro Spina, di S. Anna don Franco Greco e i parroci romani  Don Paolo Ricciardi, parroco di santa Silvia, e Don Alfio Tirrò, parroco di san Pio da Pietrelcina in Roma.  Un ringraziamento particolare rivolgo ai formatori dell’Almo Collegio Capranica di Roma rappresentato dal vicerettore don Luca Mastrangelo e da alcuni ex alunni . Un vivo ringraziamento va a tutti i benefattori e gli amici degli ordinandi, a tutti coloro che li hanno aiutato nel discernimento vocazionale e alle Suore Agostiniane di Palermo, alle  Pie Discepole del Divin Maestro e alle Figlie di Maria Corredentrice.
Ringrazio tutti coloro che, nonostante la loro assenza, hanno voluto gioire con noi con il loro ricordo nella preghiera.
La parola di Dio di questa domenica ci offre vari spunti che ci aiutano a riflettere  in occasione di questa  celebrazione.
Nella prima lettura viene rivolta a noi che in un periodo di incertezza per il futuro rischiamo di essere “smarriti di cuore” una parola di coraggio fondata sulla certezza la certezza che abbiamo un Salvatore potente  che non ci ha salvati una volta, ma continua a venire ogni momento a salvarci,  aprendo i nostri occhi alla luce della fede,schiudendo i nostri orecchi all’ascolto della sua Parola, sciogliendo la nostra lingua per lodare il Signore per le meraviglie che egli continua ad operare.
Il racconto della guarigione del sordomuto non è  il semplice resoconto di un miracolo, bensì un segno che contiene quello che il Signore Gesù vorrebbe operare in ogni suo discepolo, che non sa ascoltare e non sa dialogare.
Nell’evento miracoloso del sordomuto, possiamo evidenziare alcuni particolari per noi significativi. Gesù si trova in un territorio straniero nel territorio della Decàpoli. Ed è proprio in questa terra pagana che viene portato a Gesù un sordomuto, probabilmente pagano anche lui, con la richiesta di «imporgli la mano».
L’ambientazione geografica ci aiuta a comprendere che il ministero di Gesù, l’annuncio della Parola che salva  è  aperto a tutti i popoli.
Ai novelli diaconi viene dunque chiesto di esercitare il loro ministero e di farsi sempre portavoce di questo annuncio salvifico non solo ai vicini ma anche ai cosiddetti lontani, ai pagani del nostro tempo.
Gesù  porta  il sordomuto in disparte , lontano dalla folla per un dialogo perosnale fatto  esclusivamente di sguardi  e di un gesto .
Ai novelli diaconi viene chiesto di istaurare una relazione personale con ogni persona al di là di ogni massificazione.
Gesù inizia a comunicare  senza parole, con il solo calore delle mani, con una carezza sugli orecchi e  sulla bocca.   Questo gesto  è  carico di una fortissima valenza simbolica che rimanda ai gesti che il Creatore stesso compie,  al momento della creazione di Adamo, quando  prende e plasma del fango, e, dopo aver alitato su di esso, dona la vita. Gesù dona la possibilità di una relazione nuova al sordomuto pronunciando la parola che salva: Effatà, “Apriti”.  Oggi il Signore dice a tutti quanti noi <effatà>: solo l’incontro con Cristo ci permette un vero dialogo con Dio e con l’uomo. L’apertura degli orecchi compiuta di Gesù è un dono, frutto della presenza della Parola che si fa ascoltare.  Sant’ Agostino ricorda: “Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità!”. Il dono che Cristo fa a quest’uomo, gli consente di poter dare inizio alle azioni basilari dell’ascoltare e del parlare, del recepire una parola proclamata e confessare la propria fede, di entrare in relazione con Dio e con tutti gli uomini.
Ai diaconi viene chiesto di essere persone che sanno ascoltare in un clima di silenzio la Parola di Dio e le parole degli uomini per  lodare Dio, confessare e testimoniare la propria fede, aprirsi   al gemito e al giubilo del creato  condividendo “ le gioie e le speranze le tristezze e  le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono” (GS 1) per  annunciare  a tutti la bella notizia della salvezza..
Anche la reazione stupita della folla «ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!» ci offre il significato profondo di questo episodio della vita del Signore. Il sordomuto viene come «rimesso al mondo» per una seconda volta attraverso la sua guarigione , che  è una rigenerazione che avviene mediante la fede in Gesù Cristo. Anche noi mediante il battesimo, rinasciamo come «nuove creature», perché diventiamo figli di Dio per la fede in Cristo.
La Parola di Dio che  ci viene donata nel giorno della  vostra ordinazione diaconale ci spinge a riflettere su un’altra generazione che Gesù ha voluto donarci e che nasce dalla fede. C’è infatti un mutismo e una sordità dai quali Egli ha voluto guarirci prima di poterlo lodare e servire per le meraviglie che ha compiuto nella nostra vita.
Il mistero profondo che ci viene donato dalla Parola è che l’annuncio più efficace e genuino del Vangelo, passa per la testimonianza delle guarigioni che Dio, per mezzo di Cristo, opera sulle nostre debolezze.
Infatti, solo dopo aver riconosciuto la nostra sordità, il nostro mutismo e la nostra cecità dinnanzi alle domande di senso della nostra vita, abbiamo iniziato ad ascoltare la Parola di Dio, per poterne diventare successivamente annunziatori.
Oggi vogliamo ringraziare Dio per battesimo ci ha dato il dono di una relazione filiale in Cristo e fraterna all’interno delal comunità ecclesiale. Ma lo ringraziamo ancora di più per averci chiamato ad una più profonda ed intima comunione con il mistero della sua opera di salvezza.
Oggi il Signore si degna di fare della nostra debolezza uno strumento della sua potenza che si manifesta attraverso  la misericordia.
Attraverso l’esortazione dell’apostolo  Giacomo nella seconda lettura di questa liturgia  il Signore vuole dare un insegnamento ai novelli diaconi e  a ciascuno di noi:l’amore preferenziale per i poveri.
La costituzione dommatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II  afferma:” Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa e chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo « che era di condizione divina… spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo » (Fil 2,6-7) e per noi « da ricco che era si fece povero » (2 Cor 8,9): così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione. Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre « ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito » (Lc 4,18), « a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10), così pure la Chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo”(LG 8, in E.V. 306).
Il documento conciliare su “il Ministero e la vita sacerdotale” afferma:”anche se sono tenuti a servire tutti, ai Presbiteri sono affidati in mood speciale i poveri e i più deboli, ai quali lo stesso Signore volle dimostrarsi particolarmente unito, e la cui evangelizzazione è mostrata come segno dell’opera messianica”(P.O.6, in E.V. n.1259).
Il rito dell’ordinazione diaconale attraverso le parole e i gesti che lo compongono  manifesta che voi:    siete dei chiamati  attraverso  la presentazione  , l’elezione e la manifestazione pubblica degli impegni che assumete;   siete dei consacrati  attraverso la prostrazione a terra , l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione;     e siete degli inviati attraverso la vestizione degli abiti diaconali  della stola e della dalmatica, la cui forma richiama il grembiule del servizio e la consegna del libro dei Vangeli che voi siete chiamati a proclamare nelle  celebrazioni liturgiche e a testimoniare con la vostra vita.
Carissimi Salvatore e Giuseppe oggi con il dono del diaconato vi viene chiesto di lasciarvi coinvolgere pienamente dalla parola di Dio, di accogliere cioè il  mistero in cui venite inseriti per l’azione dello Spirito Santo: conformati a Cristo Signore, Servo dell’umanità per amore.  
Siete chiamati  a predicare e testimoniare  il Vangelo dedicandovi alle opere di  carità  e  di  assistenza,  facendovi servi  di  tutti  ,  ad  immagine  di  Cristo-servo,   che vi manda ad annunciarlo attraverso quel linguaggio universalmente comprensibile  che è quello della carità, del servizio, dell’amore!
Come diaconi assumete l’impegno di amare e servire il corpo di Cristo che è la Chiesa, di essere soprattutto accanto ai poveri , ai bisognosi, agli ammalati e  quanti quanti, feriti dalle prove della vita e dall’egoismo degli uomini, sono piagati nel corpo e nello spirito.
Ricordatevi sempre che siete  diaconi e che la diaconia rimarrà una dimensione essenziale  anche del vostro essere preti.
La  vostra risposta “eccomi”,  data al vescovo è la risposta a Dio che vi impegna per tutta la vita attraverso il celibato , l’obbedienza  e lo spirito di povertà .
Ciò  esige l’impegno di amare Dio sopra ogni cosa e in ogni cosa   con un cuore indiviso e ad  alimentare  il vostro rapporto intimo con  Gesù Cristo nella preghiera che vi impegnate a  fare nelle varie ore del giorno per tutto il popolo santo di Dio.
Maria SS. serva , discepola e madre del Signore, che in questa chiesa veneriamo sotto il Titolo della Visitazione, vi sia come modello di adesione  al disegno di Dio e di sollecitudine verso il prossimo ed interceda per voi e per noi tutti.

Il Vescovo

Mons. Michele Pennisi +