Il Pronto soccorso è la prima testimonianza che la rete ospedaliera Ennese non funziona. Tanto che proprio la dizione “Pronto soccorso” la cambierei in “Tardo Soccorso” oppure “Soccorso Occasionale”. Il giuramento di Ippocrate o il manifesto posto all’entrata dell’ospedale Umberto I° di Enna con i diritti e doveri del personale e del malato posto in bell’evidenza mostra solo quanto è grande l’umana ipocrisia. Dentro il reparto regna la disorganizzazione allo stato puro dove il malato deve essere dotato di grande, grandissima pazienza e di una cospicua schiera di medici amici per poter uscire fuori presto da quello che oggi rappresenta un girone dantesco.
E’ il posto dove i diritti dei cittadini contano poco o niente e dove la rassegnazione ha avviluppato tutti. In primis i pochi medici ed infermieri costretti ad operare in una tale bolgia. Venerdì 25 aprile sono entrato al Pronto Soccorso alle 9 per accompagnare mia moglie e siamo usciti intorno alle 18 senza aver goduto di alcuna prestazione sanitaria degna di questo termine. Infatti mia moglie è uscita firmando sotto la sua responsabilità, tanto era il disgusto per quello che è possibile definire solo un disservizio. Era entrata per una esplosione di orticaria, arrossamento e bolle in tutto il corpo unito ad un fastidiosissimo prurito, e reflusso esofageo con forti dolori allo sterno e all’addome. All’orticaria, bene o male è stato posto rimedio, del reflusso neppure a parlarne. Triage dopo le 10 e prima flebo intorno alle 11. Dovevano ancora scoccare le 13 e mia moglie aveva già concluso la seconda. Poi nulla, ma proprio nulla fino a quando, erano le 16,30 non mi sono lamentato ad alta voce. Per tutta la mattinata non c’è stato un medico che si è avvicinato per dire “signora come sta”. Mi dicono che è un trattamento di routine con un solo medico e pochi infermieri in sala. Lo scarso numero di personale sanitario “autorizza” lo stesso a valutare ogni caso con grande superficialità. Due anni fa mia moglie ebbe lo stesso malessere e allora con stessi medici e infermieri, ma coadiuvati da altri, il trattamento fu di tutt’altro grado, garbo e tenore. Oggi non è stato fatto neppure un esame del sangue.
Una confusione totale che mi hanno fatto paragonare le ore passate al Pronto Soccorso ad una giornata fra i chiassosi banchi della Vucceria di Palermo. Ammalati seduti ovunque con flebo appese alla nota asticella, attese lunghissime con infermieri che scappavano di quà e di là letterelmente rincorsi da pazienti e parenti. Una confusione che pone il Pronto soccorso di Enna al di sotto dell’asticella della civiltà. Non entro nella professionalità di medici e infermieri che reputo altissima. Ma mi domando come un medico, uno solo, può assistere 20/30 persone che contemporaneamente chiedono cure? Impossibile. E allora succede che praticamente nessuno viene curato e tutto viene lasciato alla capacità autonoma del paziente di autoaiutarsi. Dentro si ricorre a tutto pur di tentare di sveltire l’esame, la diagnosi, un colloquio con il medico, merce rarissima, perchè si sa bene che chi non parla o è rispettoso del famoso manifesto posto all’entrata è lasciato a se stesso e perfino dimenticato. Si assiste ad un rincorresi di piccole e grandi raccomandazioni o premure con le liste dei codici completamente stravolti. Almeno due o tre casi, pari codice, mi sono passati davanti. Non solo ma un paziente, che si è saputo autoaiutare e che, manco a dirlo, mi è passato davanti, mi ha gridato in faccia che se volevo uscire da lì mi dovevo imporre.
Ma siamo al Pronto soccorso o nell’arena dei gladiatori?
Una tensione che è sconfinata nella rabbia pura quando ho riscontrato che un prete entrato intorno alle 13 è uscito alle 16,30 con la sua brava cartellina in mano. In sole tre ore e mezza è riuscito ad espiare il suo calvario. Un record che farebbe arrossire di vergogna il buon Papa Francesco. Appena arrivato gli è stato attribuito un codice giallo, gli sono stati fatti gli esami, la visita e poi è stato dimesso. Per altri pazienti dopo ben sei ore neppure la visita. Vorrei ricordare che la terza flebo è stata fatta a mia moglie dopo che mi sono messo a gridare: “Per avere assistenza c’è bisogno di una tonaca”.
Almeno un’ora prima che io entrassi al Pronto Soccorso una signora con la sua bambina ha fatto Triage, anche lei codice giallo, come il prete. Alle 18 l’ho lasciata lì senza che nessuno le desse ascolto.
Ore e ore di attesa senza che ai pazienti venga offerto neppure un bicchiere d’acqua.
Una signora assisteva, contemporaneamente, una paziente anziana e un suo fratello con un grado di disabilità elevatissimo. L’aziana paziente evidentemente aveva una dissociazione con la realtà tanto che registrava costantemente dentro la sala diavoli e animali che le volevano fare del male. La signora con grande pazienza e un amore davvero sconfinato per un intero giorno ha continuato ad accarezzarla, rincuorarla e parlarle. Allo stesso tempo continuava ad accudire il fratello. Nessuno si è avvicinato a loro.
Ho visto infermieri che hanno consegnato nella porta davanti la Sala operatoria i certificati di uscita senza la presenza del medico. Ho visto persone ritornare nel pomeriggio dopo aver passato in quella sala tutta la notte. Le scarse cure non avevano avuto alcun effetto. E non tornavano per reclamare assistenza ma per disperazione. La cantilena è sempre la stessa: “Ma dove possiamo andare”.
Questo è un contesto che non può essere definito sanitario, credo che neppure un vetereniario offra un’assistenza talmente scarsa ad un animale.
In un capitolo a parte registro come gli impegni presi a suo tempo dalla Direzione Sanitaria con il sindaco Paolo Garofalo in due recenti visite all’Ospedale Umberto I° non siano stati onorati.
Il numero del personale è più scarso di qualche mese fa, la richiesta di cure si è moltiplicata e la qualità si è abbassata notevolmente. Dei locali neppure a parlarne, non bastano mai con pazienti che fanno le flebo nel corridoi sulle sedie. Il Triage poi è situato in una specie di sgabbuzzino dove anche la privacy è da conquistare.
La piaga del Pronto Soccorso di Enna pare non sia un caso isolato. Venerdì era presente anche un paziente di Caltanissetta “perchè il reparto nella sua città è una tragedia”.
Al vertice dell’Asp domando: “Ma perchè vista la grande richiesta di assistenza non aumentate il numero di medici e infermieri” portandone fuori alcuni dalle sacche di inefficienza? Mi è stato risposto che un medico, uno solo e lo sottolineo uno solo, va bene per l’utenza ennese considerato che Caltanissetta che ha un’utenza stimata in 70 mila persone può contare su due medici per turno.
Se questi sono i numeri previsti dai protocolli e se non vanno vuol dire che non hanno aderenza con la realtà, bisogna cambiarli. C’è in gioco la vita e la salute delle persone, non la semplice pratichetta per un contributo ad un’associazione.
Basta che chi legge venga ad Enna al Pronto Soccorso, senza alcuna etichetta, se c’è scatta immediatamente il trattamento di favore, e toccherà con mano quanto sia falso, in queste condizioni, parlare di assistenza, competenza e dialogo con il paziente.
Ma che riforma è quella che propone meno servizi e impone al personale di disaffezionarsi alla sua attività?
A chi legge propongo una domanda su tutte: la Sanità è un fatto ragionieristico o un servizio che deve assicurare assistenza e cure per chi in quel momento è ultimo degli ultimi?
Bando agli sprechi ma non alla salute delle persone.
Caro presidente Crocetta la Mafia si batte anche offrendo una giusta e valida assistenza sanitaria, proponendo tagli, correggendo errori ma avendo sempre quale obiettivo la salute della comunità.
Dietro ogni numero o colore del triage ci sta un uomo o una donna, oppure un bambino, che in quel momento stanno male. Al Pronto soccorso non ci va chi sta bene solo chi sta male.
Oggi leggevo su un quotidiano che riportava le mie critiche che secondo il dott. Camilleri i disagi del Pronto soccorso sarebbero dovuti non già alla cattiva organizzazione, non già ad un numero enormemente scadente di medici ed infermieri, non già ad un vertice della Sanità ennese che ha avuto quale unico scopo quello di far quadrare i bilanci, non già a dirigenti e primari voluti solo dalla politica e non valutati secondo la professionalità e la competenza acquisita; ma il collasso sarebbe dovuto all’ignoranza dell’utenza. I codici verdi si dovrebbero rivolgere esclusivamente al Pta.
Non so se ridere o gridare. Ma lo sa il dott. Camilleri che il Pta non è organizzato come si deve, senza personale, senza medicine, senza struttura. E’ la guardia medica di una volta dove il buon medico incaricato si deve portare da casa perfino le medicine. E poi che locali ha dispozione; è nella capacità di offrire cure a dieci pazienti contemporaneamente?
Dimenticavo che un mio amico mi ha confidato che una settimana fa alle 4 di notte ha portato la moglie al Pta di Enna stava male. Ebbene nessuna cura e solo un indirizzo: Pronto Soccorso. Si è recato all’ospedale, gli è stato dato un codice verde e dopo 12 ore è tornato a casa senza alcuna assistenza e con una tremenda rabbia in corpo.
Sono altresì convinto che la dirigenza dell’Asp smonterà ad arte tutte le mie critiche. Pubblicherà dati su dati che le mie sono affermazioni di un visionario e di un incompetente, che tutto si è mosso e si muove in perfetta regola e che si sta procedendo per ottimizzare ancora di più i servizi.
Malauguratamente sono rincuorato dal fatto che quello che ho visto io continuano a vederlo e subirlo giorno dopo giorno centinaia di persone che soffrono la stessa maledizione di doversi recare al Pronto soccorso. Ad Enna non c’è una persona che parli bene di tale servizio.
Mi domando ma chi dirige l’Asp vive un’assistenza sanitaria diversa dalla nostra, quella dei poveri cristi?
L’ospedale di Enna in pochi anni è stato trasformato da un vero ospedale ad una mediocre medicheria, ecco perchè i malati che possono emigrano. Al presidente della Regione Rosario Crocetta e all’Assessore alla Sanità Lucia Borsellino che cercano ricette per frenare i costi dell’emigrazione dei malati non hanno che parlare con chi va via. La risposta è una: non hanno fiducia in un sistema ospedaliero che non produce assistenza ma sorprusi, dove non conta la voglia o il saper lavorare, ma l’amicizia che sai intrattenere con il politico di turno.
Vivo ad Enna e non a New York, siamo una piccola realtà e ci conosciamo tutti e tutti sappiamo se un primario, un medico, un infermiere arriva all’incarico per la professionalità o per l’appartenenza politica o sindacale. Ma voglio sgombrare l’orizzonte il meccanismo del codice clientelare funziona ovunque e in ogni ente.
C’è solo una particolarità purtroppo fatale. Se un Ufficio sbaglia una pratica, e non deve, è possibile per l’utente fare ricorso; se l’Ospedale sbaglia, o arriva in ritardo, con la diagnosi e la cura, per i credenti c’è la consolazione del Padre eterno per l’ateo la fine di una esistenza.
Sicuro che la classe dirigente, politica e amministrativa, eviterà ai cittadini ennesi di continuare a soffrire di ulteriori malaugurati disservizi colgo l’occasione per ringraziare coloro che hanno degnato queste cartelle di attenzione.
Paolo Di Marco –