La secolare processione del Cristo Morto e dell’Addolorata ha avuto, nel passato, delle variazioni sostanziali, dovute anche alle trasformazioni urbanistiche della città. Oltre sessant’anni fa, nel 1954, il cambiamento più radicale: il tragitto venne allungato di un paio di chilometri. Per la prima volta, infatti, per raggiungere la chiesa dei Cappuccini al cimitero venne percorsa tutta la via Roma (tratto Piazza Balata, San Tommaso, Passo Signore), quindi la via Libertà e il Viale Diaz, arteria realizzata e urbanizzata nell’immediato dopoguerra. Prima di quella data il tragitto era molto più breve e, se vogliamo, più tradizionale. La “Passione”, la confraternita capofila, all’andata, all’altezza del Municipio svoltava per via Vulturo e, percorsa la piazza Vittorio Emanuele, lato chiesa di San Francesco, imboccava via S. Agata, percorreva via Kamut, piazza Tremogli, per risalire via Vittorio Emanuele (à cchianata ù Pùpulu), l’attuale via San Francesco d’Assisi, per raggiungere la chiesa del Cimitero dedicata a San Paolino, edificata dai Frati Francescani dell’ordine dei Cappuccini nella seconda metà del Cinquecento. I due simulacri, entrati in chiesa per una breve sosta, dopo la benedizione con la Croce della Spina Santa, ritornavano in processione con tutti i confrati a visiera alzata, percorrendo la tortuosa via Vittorio Emanuele, la piazza Balata, la via Roma, la via Mercato Sant’Antonio e quindi l’ultimo tratto della Via Roma, raggiungendo il Duomo da dove era partita. Nel 1960 una petizione popolare fece naufragare sul nascere una decisione presa dal Collegio dei Rettori che stabiliva per quell’anno di non “passare” dalla via Vittorio Emanuele ma di privilegiare il Corso Sicilia e la via S. Agata. A “scìata ù pùpulo” ebbe naturalmente partita vinta, in nome della tradizione. Per ben due volte, nel 1968 e nel 1969, il percorso venne allungato fino al Santuario di Papardura dove era stato allestito in una grotta un Sepolcro molto suggestivo, ancora esistente. La novità venne accolta favorevolmente dalla maggioranza dei fedeli, ma non da tutte le confraternite. La riuscita e la spettacolarità della processione a Papardura quell’anno vennero favorite da una splendida serata. L’anno successivo, nel 1969, venne ripetuta ma la nebbia, la pioggerellina e soprattutto il vento di quel venerdì sera imperversarono così tanto che, per proteggere la statua dell’Addolorata (realizzata nel 1700 in cartapesta), due confrati dovettero salire sulla Vara per reggere e proteggere il Simulacro. In quello stesso anno fu organizzata una processione rimasta unica nella storia della settimana santa: quella del sabato santo che riportò a Papardura l’Addolorata in visita al Sepolcro. Soltanto nel giorno del Venerdì Santo del 1999 la processione venne interrotta. Un il forte temporale imperversò sulla città. Le Confraternite riuscirono a raggiungere il Duomo, malgrado la pioggia, però i fercoli rimasero nella Chiesa Madre per decisione, presa a maggioranza, dal Collegio dei Rettori, riunitosi seduta stante in sacrestia, nonostante l’osservazione fatta di alcuni dei presenti: “Così s’interrompe una tradizione secolare, mai verificatasi”. In verità, a memoria d’uomo, mai era avvenuta una circostanza del genere. Da fonti storiche sembra però che nella seconda metà del Settecento la processione s’interruppe per il maltempo nei pressi della chiesa di San Cataldo dose si rifugiarono i Fercoli e i confrati al seguito. Quella volta che la processione venne interrotta a metà strada.
(Articolo a firma dell’autore pubblicato nel Giornale di Sicilia – Cronaca di Enna -)