A seguito della peste del 1523, una pandemia tra le più cruenti, che fece migliaia di vittime, Enna inviò i suoi delegati al parlamento di Palermo, convocato nel marzo 1528, per chiedere la riduzione del donativo a carico della città “per causa di lo morbo pestifero di grandissima mortalità”. Quella terribile pestilenza che provocò la morte di tantissime persone – apprendiamo dalle carte conservate nei faldoni presso l’archivio di Stato – “lasciò immune soltanto il quartiere di San Pietro, per la sua posizione e perché gli ‘abitatori’ si trincerarono, fuggendo da ogni contatto con chicchessia dei loro concittadini”.
Enna miracolosamente rimase immune dalla conseguenze della peste del 1575, che da Messina e Siracusa si diffuse in molte zone dell’Isola. Per questa fortunata circostanza nel 1583 la città registrò un notevole incremento demografico, raggiungendo la soglia dei 20mila abitanti, prima città dell’entroterra dopo Nicosia nei Nebrodi, e quarta in Sicilia dopo Palermo, Messina e Catania. La città – leggiamo – già provata dalla peste del 1523, cercò di reagire alla crisi in cui era precipitata, ridotta com’era “in gran miseria et povertà per lo morbo pestifero contagioso di dicta pesti di quel funesto anno ”. L’epidemia comunque svegliò le coscienze. Gli abitanti riscoprirono il senso di comunità, superando ogni precedente divisione sociale interna tra cittadini e “terrazzani”, rafforzando i legami di solidarietà civica, traendo così notevoli vantaggi da questa rinnovata vitalità. Essere lontana dalle coste, non turbata dalle invasioni dei Turchi, con un territorio vasto e fecondo, consentì un notevole incremento demografico, passando da 12mila abitanti nel 1505 a 17mila nel 1548. Cosi, alla fine della prima metà del secolo l’aumento della popolazione fu notevole, nonostante la grave crisi di mortalità dovuta alla peste del 1523. Enna, come nel passato, si risollevò e diventò la città più importante della Sicilia interna, per popolazione e per posizione privilegiata, posta al centro geografico dell’Isola, dove controllava le valli dell’Imera meridionale e del Dittaino.
Enna, con Calascibetta, anch’essa città demaniale, posta sul colle prospiciente, aldilà della valle di Scaldaferro, costituì un insieme insediativo di un certo rilievo per la stretta interdipendenza tra le due comunità. La demanialità tra le due città contribuì ad assumere un ruolo importante all’interno di un territorio che, tranne Piazza, continuò ad essere tutto feudale, soggetto agli umori dei baroni.
(Nella foto: la Chiesa di San Pietro nel cuore del quartiere omonimo)
Salvatore Presti