“La festa della Madonna della Madonna della Visitazione del 2 luglio raggiunse uno splendore mai visto in Sicilia. Da tutte le contrade dell’Isola veniva gente a piedi e a cavallo per assistervi”. Inizia così il racconto della festa il sacerdote Vincenzo Grimaldi Petroso in una sua pubblicazione del 1790, edita a Roma dalla stamperia di Gioacchino Puccinelli, racconto ripreso in uno scritto di Salvatore Morgana dal titolo “Maria SS. Patrona Populi Hennensis”. Nei primi decenni di devozione alla Madonna e per tutto il XVI secolo, era consuetudine, dice il Petroso, a ricordo del viaggio del simulacro da Messina a Enna, di portare su un carro trionfante sino al pianoro di San Sebastiano al Monte, la statua lignea della Vergine. Il carro era a tre livelli, nel primo in basso vi era l’orchestra con i cantori che intonavano le lodi alla Madonna, nel piano superiore vi erano i bambini vestiti da angioletti, in alto era collocato il simulacro della Vergine. Giunti a Montesalvo, intorno al carro, vuotato dei suoi abitanti e della statua della Vergine Maria veniva accesa una grande luminaria e il popolo si compiaceva delle fiamme, cantava e applaudiva. Nei primi tempi, le modalità dei festeggiamenti ricalcavano gli antichi riti della Cerealia. Dal 1412, anno in cui giunse a Enna la Sacra Effige proveniente da Venezia, si svolgeva ogni anno e per molti anni seguenti, la solenne processione che attraversava tutta la città lungo la Strada Maggiore e dei Cavalieri (l’attuale via Roma). Scrive il Morgana che “La vigilia della festa una cavalcata, composta da splendidi cavalli e fieri cavalieri, muoveva dal Piano delle Case Grandi verso la chiesa dell’Annunziata (ora del Carmine), per rilevare il Gonfalone della città che veniva portato in processione, al seguito delle Confraternite, con le loro insegne, fino al Duomo per essere posto su soglio della Municipalità dove sedevano i Senatori. Dice il Petroso “Quanti intervengono alla processione del 2 luglio, portano tutti la torcia accesa…pompose le dodici grandi torce portate ogn’una portata in braccio, avendo il diametro di sette once, oltre ad altri dodici gran ceri aventi il diametro di un palmo, e un terzo, enorme, portato da dodici uomini vestiti di bianco lino e scalzi”. E’ un’usanza , osserva il Morgana, che si collega al culto di Cerere: “le candele ricordno le torce accese per accompagnare la dea nell’affannosa ricerca di proserpina rapita da plutone. In quel tempo partecipavano alla solenne processione il capitolo della collegiata della chiesa madre al completo, il civicosenato, le confraternite con le loro insegne, i dodici parroci delle parrocchie, tutti in cappa di ermellino, in armi il magistrato, i nobili e la milizia. Solo a partire dal 1590 la statua della madonna è portata in processione su “la nave d’oro, realizzata dallo scultore napoletano Scipione da Guido.
Salvatore Presti