La famiglia Florio, con l’intraprendente Vincenzo e il figlio Ignazio, aveva interessi economici ovunque. Nel distretto minerario di Enna e Caltanissetta possedeva diverse miniere di zolfo, il prezioso minerale che commerciava in tutti i paesi del mediterraneo. Nell’Ottocento Palermo era una capitale europea: il teatro Massimo per bellezza era il secondo dopo quello di Parigi e le ville dell’ aristocrazia s’imponevano per le loro magnificenze dovute ad architetti quali i Basile, padre e figlio. La capitale siciliana divenne meta di sovrani, di capi di stato e dell’alta aristocrazia europea. Le vicende dei Florio cominciano alla fine del ‘700 con Paolo, commerciante di spezie, e dai suoi discendenti, tutti capitani d’industria. Vincenzo Florio divenne il più grande imprenditore dell’Italia meridionale, rilevò imprese e rivolse il suo interesse allo zolfo, alle tonnare ed anche all’usura aumentando così notevolmente la sua ricchezza. Acquistò beni immobili e creò una flotta con modernissime navi. Una di queste venne battezzata con il nome di “Enna” quando ancora la città si chiamava Castrogiovanni. Ottenne le concessioni dei servizi postali marittimi; produsse e commercializzò il vino Marsala, il cui marchio era un leone inginocchiato. Venne nominato senatore del Regno e dopo di lui la stessa carica fu ereditata dal figlio Ignazio, il quale acquistò altre miniere di zolfo, creando fonderie e producendo in proprio prodotti metalmeccanici. Il suo nome fu legato alla corsa automobilistica più famosa al mondo: “La Targa Florio”. Quello fu il periodo più felice della famiglia in cui si affermò il mito dei Florio. Scrittori e letterati furono accolti nelle loro dimore, ospitando anche sovrani e capi di stato, accolti da donna Franca, moglie di Ignazio. La fortuna dei Florio però cominciò a decadere con le mutate situazioni politiche ed economiche dovute alle conseguenze della prima guerra mondiale e soprattutto quando il trasporto navale venne sostituito da quello ferroviario. I Florio affrontarono le conseguenze del crollo finanziario. Saldarono i debiti con la vendita di tutti i beni, adattandosi a vivere in una casa in affitto. Mantennero però intatta quella dignità che è propria dei veri signori. Ignazio morì nel 1957, sua moglie, donna Franca, si spense ancor prima, nel 1950.
Salvatore Presti